Roberta, la nostra è sempre più la lotta di tutti

Roberta, la nostra è sempre più la lotta di tutti

“Il timore di nuovi muri, o di imposizioni sempre più forti. La speranza è che tutto questo ci renda più disposti alla cura ed al rispetto reciproco”

Con Altrestorie abbiamo deciso di raccontare come sta vivendo la pandemia di coronavirus la nostra comunità Lgbtqi. Tanti volti, esperienze e riflessioni di attiviste/i, persone impegnate nel sociale, in politica, nelle lotte, nel web, artiste/i, e di tutta la splendida e variegata moltitudine che con le sue diversità da sempre anima la nostra comunità.

Discreta, infaticabile, sempre sorridente animatrice culturale della scena Lgbtqi romana, il cui impegno spazia dal Gay Village, all’associazionismo, al teatro, Roberta Savona ha aderito col suo incofondibile entusiasmo al nostro progetto rispondendo alle nostre domande.

Come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Non posso lamentarmi. Non posso e non devo farlo, perché in fondo c’è sempre chi starà peggio. Per questo motivo posso dire che questa quarantena la sto vivendo bene, guardando il bicchiere mezzo pieno (forse perché pieno davvero, ma non specifichiamolo ulteriormente). Ne approfitto per stare a casa e riposare, dedicandomi alle mie tante (troppe) passioni, come il disegno che non riuscivo mai a riprendere, e così vado avanti un giorno dopo l’altro, cercando di non litigare troppo con il telefono e non soccombere alle videochiamate moleste. Cerco di godermi il buono di tutto questo, amore compreso, non pensando al lavoro che in questo momento, per il mio settore, è del tutto inesistente. Lavorando maggiormente con i teatri, al momento non s’intravede luce e chi come me fa parte degli addetti ai lavori del settore, sa bene che il nostro è uno di quei micro mondi che tornerà a vivere molto più tardi di tanti altri.  

Roberta Savona, 34 anni, ufficio stampa e giornalista pubblicista. Collabora con diverse testate tra cui Il Messaggero e si occupa soprattutto di teatro e spettacolo. Pugliese, vive a Roma dal 2010.
Dal 2012 fino al 2018 è stata addetta stampa del Gay Village, insieme alla sua socia Carla Fabi.
Dallo stesso anno collabora con l’associazione Di’Gay Project e, all’occorrenza, con altre associazioni arcobaleno per la diffusione di comunicazione tematica e l’organizzazione di eventi per la promozione e la diffusione della cultura Lgbtqi. Dal 2010 convive ed è legata sentimentalmente alla persona più importante della sua vita.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

Il futuro, come il rimedio, stanno nel mondo altro, quello online. Seppur diretta esponente del settore, la cosa non mi strappa certo un sorriso di speranza. Fatico ad immaginare locali ed eventi culturali sulla rete. La chiave potrebbe essere nel ricalcolo delle dimensioni e degli spazi. Locali a norma ed investimenti mirati per la rivalutazione degli spazi, dimenticando tavoli in miniatura e luoghi angusti. E poi maggiori controlli agli ingressi per le sale da ballo – penso ai termometri degli aeroporti per esempio – e magari, la creazione di una app dedicata, in cui ognuno di noi può capire a chi e a che cosa va incontro varcando la soglia di un club o di un teatro. Ciò che più mi terrorizza è il pensiero di andare al cinema o ad una prima con la mascherina indosso, ma se questo è il futuro, non possiamo far altro che edulcorarlo con mezzi appropriati che facilitino a tutti la praticabilità degli spazi comuni. Ne va della nostra sopravvivenza.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?
Roberta con l’amica e socia Carla Fabi

Con questa crisi in atto il timore di nuovi e più alti muri, o di imposizioni e divieti sempre più forti, è dietro l’angolo. L’altra faccia della medaglia è la speranza che tutto questo ci renda più consapevoli e più disposti alla cura ed al rispetto reciproco. Le grandi crisi sono momenti di redenzione e subito dopo, di grande costruzione. Io auspico un ritorno alla normalità ben più forte di quello di un’Italia post guerra mondiale. In questi giorni stiamo imparando la grande possibilità che ci vien data dal “fare del bene”. Esser disponibili l’un l’altro è la chiave per creare continue e più produttive sinergie. Ma questo è un pensiero che mi accompagna sin da prima della pandemia. L’Italia può farcela. Siamo il Paese più bello (e tra i più forti) del mondo.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

La nostra lotta è sempre più la lotta di tutti. Le nuove generazioni nascono e crescono con genitori più consapevoli e dalle vedute ben più ampie dei nostri genitori e dei nostri nonni. Tuttavia non sarà mai finita fino a che la nostra sessualità sarà un tratto distintivo del nostro essere. Non siamo gay, lesbiche o eterosessuali. Siamo persone, una uguale all’altra. Per tanto continuerò a scendere in piazza fino a che il mio esser mascolina o sessualmente non inquadrata sarà riconosciuto prima ancora del mio essere Roberta


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