Autore: AltreStorie

Giovanni Zardini, Prendiamo esempio dalla forza dei migranti Lgbt+

Giovanni Zardini, Prendiamo esempio dalla forza dei migranti Lgbt+

Per il presidente del Circolo Pink di Verona, oggi in sofferenza per il coronavirus, dobbiamo lottare per una società più giusta, non per i nostri orticelli

Altrestorie approda oggi a Verona, dove abbiamo raggiunto Giovanni Zardini, presidente del Circolo Pink e instancabile attivista antirazzista e antifascista. Un’occasione per conoscere una realtà unica nel panorama Lgbtqi+ italiano che è oggi in grossa difficoltà a causa dell’emergenza coronavirus, ma in questi mesi non ha rinunciato, come possiamo leggere, a lanicare una importante campagna di solidarietà per i migranti e rifigiati chiusi in casa senza altre risorse.

Sei uno storico esponente dell’associazione Pink di Verona. Una realtà che negli anni ha subito una radicale evoluzione, divenendo un unicum nel panorama Lgbtqi+ italiano. Ce ne vuoi parlare brevemente spiengondoci meglio cosa fate oggi?
il logo del Circolo Pink di Verona

Il Circolo Pink non è più da anni la classica associazione LGBT come la si poteva intendere anni fa o come altri gruppi, dove ad esempio hanno un direttivo composto solo da persone LGBT, da noi non è cosi.

Nel 2007 abbiamo fatto una revisione dello statuto e abbiamo aggiunto la lettera E (eterosessuale) perchè le persone E sono parte integrante dell’associazione, come costruzione di iniziative, eventi e manifestazioni. Il Pink è sempre stato uno spazio di attraversamento per tante soggettività: nella nostra attuale sede condividiamo lo spazio fisico e politico con Potere Al Popolo e Non Una Di Meno (NUDM). Nella vecchia sede ospitavamo una biblioteca  anarchica, gruppi studenteschi e altre soggettività. Ma è anche stato lo spazio politico dove si incontravano diversi gruppi non LGBT veronesi, per condividere una pratica antifascista e antirazzista comune.

Il tutto è sicuramente il risultato delle particolari condizioni politiche veronesi, dove l’estrema destra è presente ovunque, a livello culturale, economico, istituzionale ma anche sociale. Nello spazio del Pink, all’inizio degli anni 2000, è nato il primo sportello legale per migranti, dopo un po’ di anni è nato il SAT il Servizio Accoglienza Trans (ora associazione indipendente). All’inizio del 2017 nasce Pink Refugees il gruppo LGBT formato da migranti e richiedenti asilo. Possiamo dire che per fare politica al Pink non è mai stato necessario essere LGBT (per fortuna).

Giovanni Zardini, classe 1963, grafico pubblicitario, vive fra Verona e Torino.
Dedica moltissimo tempo ed energia al Circolo Pink di Verona, di cui Presidente dal 1996 e al Gruppo Pink Refugees LGBT Verona.
Negli anni ha fatto parte di Facciamo Breccia e di altri gruppi antifascisti e antirazzisti Veronesi.
Inoltre è stato fra i fondatori del SAT Servizio Accoglienza Trans, prima servizio del Circolo Pink e ora associazione autonoma.

Parlando di Verona a tant* di noi viene in mente il Congresso delle Famiglie e un contesto politico molto ostile, razzista e omofobo. Con il vostro impegno avete finito per connettere i due temi. Che tipo di alleanze, di risposte, anche positive, e di difficoltà incontrate sul territorio?

La situazione a Verona non è cambiata neppure dopo la grande manifestazione del 30 marzo 2019 che ha portato a Verona migliaia di persone da tutta Italia per manifestare contro questa deriva integralista e familista.

Il punto è sempre quello. A Verona convivono e si sono saldate nel tempo diverse forze politiche, culturali, economiche e religiose che hanno un progetto comune, la lotta alle diversità, all’autodeterminazione della donna, contro le persone LGBT, contro i migranti i Sinti e i Rom. Tutti uniti sotto un’unica bandiera la difesa delle tradizioni, dei loro privilegi economici di classe.

La famiglia naturale è il collante del loro pensiero integralista.  Ma anche l’affermazione e la supremazia della razza bianca, la difesa dei privilegi cattolici, ma non quelli legati alla fede, qui comanda la gerarchia cattolica, unita poi alle forze politiche di estrema destra, istituzionale e non.

Il gruppo Pink Refugees alla manifestazione veronese del 30 marzo 2019

E’ facile unire le tematiche razzismo e omofobia. Ricordo che a Verona è ancora in vigore la mozione omofoba 336 del 1995, che ha dato il via a una serie di battaglie contro la discriminazione alle persone LGBT anche in Italia. Poi ci sono i vari gruppi integralisti cattolici. Uno in particolare, “Famiglia e Civiltà”che si batte nello specifico contro le persone omosessuali e transessuali. M Verona è stata anche terra di conquista dei NO-GENDER, con decine di conferenze sul territorio, con patrocini e appoggi a livello istituzionale, economico e religioso. Il Congresso Mondiale delle Famiglie è il risultato di tutto questo.

Poi c’è stata la lotta contro le persone Rom e Sinte e contro i migranti. I vari gruppi di estrema destra veronese hanno fomentato in maniera violenta la popolazione contro i tanti CAS presenti a Verona e provincia. I richiedenti asilo ospitati in accoglienza sono stati oggetto di un’aspra lotta. Si distingue un gruppo: Verona ai Veronesi, con agganci con Forza Nuova, sempre presente là dove si apriva una nuova struttura di accoglienza.

Possiamo anche ricordare che Verona è stato il laboratorio dell’estrema destra italiana per anni e forse lo è ancora, ma qui si apre un mondo che forse potremmo raccontare un’altra volta.

A Verona i gruppi e le persone LGBT hanno dovuto fare una scelta nel 1995 quando è nato il comitato ALZIAMO LA TESTA: o si diventava visibili o si soccombeva. Abbiamo dovuto optare per la VISIBILITA’.

Con quarantene, restrizioni, chiusure di attività economiche e di spazi sociali certamente per alcune componenti della società le difficoltà sono state importanti. Voi come avete risposto e cosa avesse messo in campo per far fronte all’emergenza?

Il Coronavirus e le chiusure sono un grosso problema per tutti gli spazi sociali e politici. Credo che tutti i gruppi e associazioni ne risentiranno fortemente, quando non rischiano di chiudere le attività per sempre. Chi come noi ha uno spazio fisico ha dovuto chiudere tutte le attività, fermare tutto non potendo più fare incontri e iniziative, per cui mantenere economicamente lo spazio è tutt’ora un grosso problema. Come faremo a pagare affitto e utenze che non si sono fermate? Abbiamo stretto un patto con il proprietario della sede: per ora stiamo pagando metà affitto, ma passata l’emergenza vorrà la differenza e, non potendo fare iniziative, non possiamo raccogliere i soldi per sostenere le spese. Anche perché poi molti dei nostri soci e sostenitori non stanno lavorando o hanno perso il lavoro.

Per la nostra realtà il problema del non potersi trovare è pesantissimo. Ultimamente l’unica attività, extra resistenza, dovuta alle particolari condizioni repressive tipiche di Verona, era quella del gruppo Migranti LBGT Pink Refugees, nato nel febbraio del 2017 e che in breve tempo è cresciuto tantissimo. Di punto in bianco le riunioni che facevamo tutti i martedi pomeriggio a Verona si sono bloccate come le altre occasioni di aggregazione. Tutti i martedi pomeriggio al pink arrivano fra le 40 e 50 persone migranti, richiedenti asilo e rifugiate provenienti da tutto il Nord Italia ma anche da Firenze, Bologna, Napoli e Avellino. Uno spazio di aggregazione e socialità importantissimo per loro.

A fine marzo tutto si è bloccato, fortunatamente la chat aperta già nel 2017 ha funzionato ed è stata il collante con il gruppo, oltre ai vari rapporti personali nati in questi anni. Ma abbiamo dovuto affrontare un’emergenza alimentare e lavorativa molto pesante. I migranti del Pink, come altri, sono rimasti chiusi in casa senza lavoro e cibo. Molti di loro, che lavoravano in nero, hanno perso il lavoro da un giorno all’altro, senza naturalmente nessuna garanzia di riprenderlo e a volte senza aver percepito i soldi delle settimane lavorate.

Come avete affrontato la situzione per provare ad aiutarli?

Abbiamo lanciato una sottoscrizione: STAVOLTA, AIUTIAMOLI A CASA LORO per l’acquisto di cibo. Fino ad ora abbiamo raccolto 4.505,00 euro, abbiamo distribuito 4.250,00 euro attraverso 99 bonifici. Abbiamo preferito erogare l’aiuto direttamente in denaro e non con i “sacchetti alimentari” che abbiamo visto in altre esperienze, perché molti migranti hanno esigenze particolari. Per esempio non mangiano o non riescono a digerire bene la nostra pasta o i formaggi e, inoltre, i soldi potevano servire anche per altre esigenze ugualmente importnati come bollette o persino una ricarica del cellulare senza il quale rischiavano il totale isolamento.

Poi abbiamo tamponato tante altre richieste dovute alle udienze saltate, commissioni rimandate e annullate, permessi che scadevano, migranti rimasti senza casa. Un’emergenze dentro l’emergenza è stata che la soggettività migrante tutta è stata molto colpita anche dal punto di vista delle informazioni che non venivano date. Venendo a mancare lo spazio fisico del Pink, si è interrotto anche lo spazio di socialità che speriamo di riprendere quanto prima, perchè troppo importante per la loro autodeterminazione come migranti LGBT.

Negli scorsi giorni in merito  alla possibilità di regolarizzazioni di migranti impegnat* in agricoltura o nelle attività domestiche ci sono state molte polemiche. In particolare ha fatto molto discutere un’uscita del portavoce del Gay Center. Tu che ne pensi? E il provvedimento coì come poi è stato approvato nel decreto ti soddisfa?
Giovanni Zardini in piazza

Che prima di tutto conosce molto poco la realtà delle persone migranti indipendentemente dall’essere LGBT. Poi credo che i migranti siano perfettamente in grado di rappresentarsi da soli. Lo hanno dimostrato in più occasioni e anche chi è LGBT sa autorappresentarsi senza aiuti o altri che parlino per loro. Trovo che sostituirsi alle soggettività e prendere parola per loro sia uno sbaglio che molti hanno fatto. Delegare ad altri i nostri diritti non è sano, ognuno è perfettamente in grado di rappresentarsi. Io che non sono migrante, posso essere al loro fianco ma non posso parlare per loro e arrogarmi questo diritto.

Per la sanatoria certo non ci soddisfa ma sopratutto non soddisfa i migranti. Molte e molti resteranno fuori, le regole imposte sono ridicole e discriminanti, si scatenerà la solita compra vendita di contratti di lavoro pagati a prezzi stellari, vere truffe come è stato per molti di loro all’ultima sanatoria. L’impressione è che sia stato un patto fra partiti e forze politiche per non scontentare 5Stelle e i soliti Salvini e Meloni. Uniche vittime loro, i migranti.

Per i richiedenti asilo non si sa ancora nulla. C’è grande confusione, non si sa se servirà il passaporto, non si capisce il senso della regola del permesso scaduto dal 31 ottobre 2019 in poi: se ti è scaduto prima sei fuori da uno dei due casi e ti devi affidare a un “datore di lavoro” che ti deve assumere e magari ti vende il contratto per migliaia di euro, cosa che si sa benissimo, ma si preferisce far finta di nulla. Come il problema delle lettere di ospitalità che ogni migrante fuori dall’accoglienza si deve procurare e pagare se vuole che il suo permesso di soggiorno venga rinnovato. La legge non lo dice ma le questure applicano questa assurda regola e alla fine l’ospitalità se la comprano.

Sul piano più personale invece come stai vivendo questo periodo e come ha affrontato la quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Vivo da anni fra Verona e Torino. Quando all’inizio di marzo è scoppiato il coronavirus ero a Torino e ci sono rimasto fino quasi a metà maggio. A Torino abbiamo una casa immersa nel verde isolata sulle colline, siamo stati bene, non ci siamo quasi accorti di tutto quello che stava succedendo se non fosse che si lavorava da casa o che c’erano problemi per fare la spesa e cose che sappiamo tutti. Potevamo uscire tranquilli perchè isolati ed è stata una fortuna. Abbiamo spento la TV…

Lavoro come libero professionista e con un portatile posso lavorare ovunque e spesso è cosi. Fortunatamente i clienti che ho hanno continuato a lavorare perchè altrimenti mi sarei fermato e come libero professionista sarebbe stato un problema. Ma io ero uno dei fortunati. Altre e altri hanno pagato molto caro il periodo.

La preoccupazione però era palpabile, dato che non si sapeva molto, tutto era un’emergenza. Ho anche pensato che ero capitato in uno dei tanti film catastrofici già visti. Poi mi aleggiavano pensieri legati alla nostra libertà: mi dicevo chi deciderà quando l’emergenza sarà passata? Finiremo in uno stato di controllo sociale e polizia? Dovremmo giustificare tutti gli spostamenti? Come ci riavvicineremo alle altre persone? Preoccupazioni ancora presenti.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Luoghi che per noi non sono solo divertimento, ma anche servizi, identità, talvolta uniche occasioni di libertà o incontro. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

La buona notizia è che dal 23 maggio 2020 possiamo tornare a riunirci, con regole e prescrizioni, per cui piano piano potremo tornare a quella che era la nostra normalità associativa. Ma credo sarà molto lunga riprendersi.

Non facciamo attività da mesi e siamo in sofferenza economica. Gruppi come il nostro, che non hanno sovvenzioni e finanziamenti, vanno avanti con le iniziative e le donazioni dei soc*. Se si perde lo spazio politico si perde tutto. Una soluzione sarà sicuramente cercare alleanze con altri gruppi che hanno spazi più grandi per potersi vedere e fare attività culturale e associativa. Poi vedremo un po’ tutto il resto.

Saggeremo, anche se lo abbiamo già toccato, il livello di “repressione” sociale: ad un certo punto pareva che per fare qualunque tipo di attività ci volesse l’autorizzazione, anche per respirare. La gente perdeva il lavoro e non si poteva protestare, famiglie intere senza cibo e davano multe a chi consegnava cibo. Non tutti hanno usufruito di aiuti comunali. La diversità è sempre uno spartiacque fra chi accede ai servizi e chi no.

Piano piano dovremmo ricostruire tutto, soprattuto il nostro spazio di pratica politica che non possiamo assolutamente perdere. 

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Credo sempre quelle: lotta alle disuguaglianze sociali, mancanza di diritti, un ambiente che va a rotoli, lavoro che manca, classi sociali sempre più lontane, migrazioni di popoli che reclamano una vita dignitosa. C’è sicuramente da scegliere. Ho un’idea di mondo dove ogni persona lotta per uno spazio di vivibilità, che però non può essere considerato personale ed egoistico. Quello che vedo però è un mondo che sempre meno mi piace e da cui vorrei fuggire, perchè non scorgo una soluzione.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

Mi sono sempre chiesto cosa sia la liberazione sessuale se non una serie di gabbie imposte e autoimposte da scardinare in maniera creativa e irriverente. Io mi auguro che il movimento, se mai ne esiste uno, non sia solo schiacciato su protagonismi e finte liberazioni, o peggio che non abbia una prospettiva e visione politica molto ampia.

Credo che l’epoca degli orticelli sia definitivamente tramontata e anche quella delle rappresentanze. Non voglio far parte di un piccolo mondo gay schiacciato su se stesso, vorrei far parte di un mondo molto più ampio.

Vedo ancora molta violenza contro di noi, molta disuguaglianza sociale e la percezione di noi LGBT non credo sia cosi cambiata: restiamo sempre una diversità da colpire. Vedo però una speranza, una nuova energia, nei ragazzi migranti LGBT. Da loro potremo imparare molto, la loro forza è prodigiosa, nuova linfa al nostro movimento per i diritti.

Alex Marte, il porno al tempo del cornavirus

Alex Marte, il porno al tempo del cornavirus

Il noto porno attore gay italiano sorprende parlando del suo nuovo amore e delle relazioni. Il porno, come tutti i settori dell’entertainment, va ripensato

AltreStorie oggi ha voluto sentire Alex Marte, attore porno gay italiano tra i più conosciuti e premiati anche a livello internazionale. Performer, spogliarellista, gogo boy, personal trainer, Alex Marte, ha fatto della sua fisicità prorompente il suo lavoro, collaborando negli anni con i principali club ed eventi Lgbtqi europei e asiatici. Nel nostro Paese ha prestato la sua immagine alla campagna del EuroPride Roma 2011 e ha spesso collaborato con Muccassassina e il Circolo Mario Mieli.

Da poco vive a Barcellona, dove, come in Italia, è stato fermato dal lockdown e dove lo abbiamo raggiunto.

Modello, personal trainer, gogo boy ma soprattutto uno dei porno attori gay italiani più amati e premiati. Un mondo su cui spesso aleggiano tabù e pregiudizi. Ci racconti come si svolge il tuo lavoro e se le tue attività ti hanno mai provocato discriminazioni o episodi sgradevoli?

Personalmente, non ho mai vissuto episodi di discriminazione o di omofobia, in nessuno degli ambiti in cui mi sono ritrovato a lavorare, forse anche per merito della mia stazza. Il mio lavoro è sempre stato incentrato sul mio corpo. Sono tutte tipologie di professioni che elevano il culto della bellezza e della perfezione fisica a “professionalità”. Chi guarda, solitamente, ammira chi fa tutto ciò… Fino ad estremizzare l’idea di uomo desiderabile, nel porno.

Nella vita di tutti i giorni è capitato che qualcuno mi desse del “bellone”, vuoto e senza intelligenza, perché invece di studiare per specializzarmi in una professione, ho scelto la via facile dell’uso del mio corpo. Ma ti assicuro che per essere un personaggio bisogna studiare, e anche tanto, il movimento del corpo, della voce, l’uso dello sguardo e del portamento per arrivare agli altri.

L’ultimo lavoro mi vede protagonista di un video musicale di una famosa pop star bulgara girato nella Hollywood europea degli studi Boyana in Bulgaria, dove vengono girati tutti i film più famosi al mondo.

Alex Marte, 40 anni, milanese di origini pugliesi, vive da poco a Barcellona.
Performer, spogliarellista, personale trainer è soprattutto uno dei più cnosciuti e premiati porno attori italiani nel mondo.
nel 2011 ha prestato la sua immagine all’EuroPride di Roma e negli hanni si è esibito in alcuni tra i più foamosi eventi e club Lgbtqi europei ed asiatici. In Italia ha collaborato con Muccassassina e col Circolo Mario Mieli.

Secondo te in generale che rapporto ha la comunità Lgbtqi con la pornografia? Può avere la pornografia un ruolo di liberazione sessuale, scoperta e accettazione dei propri desideri e della propria sessualità? E tu che rapporto hai con i tuoi ammiratori?

Ho sempre avuto un rapporto di “normalità” con la mia professione nel porno e tutto questo ho cercato di trasmetterlo nelle persone. Solo una volta, sono stato insultato per la mia professione, proprio da un’esponente politico che organizza serate Lgbt. Ho fatto scivolare tutto via, anche grazie alle persone intorno che mi hanno sostenuto. Essere insultato in pubblico è davvero pesante, da chi dovrebbe difenderci e promuovere i nostri diritti, invece li usa per tornaconto personale ed economico attraverso i media, ma dal vivo è tutt’altra storia.

Sono un attore che sul set crea un mondo fantastico e ideale, dove si realizzano per incanto sogni, fantasie e desideri; senza freni e senza pudore, nel pieno rispetto dell’altro, sempre.

I fan hanno sempre visto questa normalità e questa naturalezza in me, anche negli incontri live, nelle ospitate nei locali, e per questo non mi hanno fatto vivere come “sporco” questo mestiere, e non lo hanno vissuto come momento proibizionistico, ma come proiezione in me dei loro sogni segreti. Un rapporto di complicità direi.

In questo momento a causa del covid e delle misure di distanziamento e prevenzione assunte, tutto il mondo dello spettacolo, delle serate, dello sport e anche le produzioni cinematografiche si sono dovute fermare. Come stai facendo fronte alla situazione? Che impatti ci sono stati per il mondo del porno, che pure con milioni di persone in Italia e nel mondo costrette in più o meno prolungati isolamenti domestici, immaginiamo possa ricevere traffico superiore alla norma?
Alex Marte per l’EuroPride Roma 2011

Il primo imperativo in questo periodo è stato preservare la nostra salute. Il mondo dell’entertainment in generale ne sta soffrendo in tutte le sue categorie. Gli operatori del settore, e anche io stesso, viviamo in attesa di riprendere il contatto con il pubblico, che è l’unico start che accende i motori della nostra professione. Abbiamo rotto tutti i nostri salvadanai… Adesso speriamo di riprendere il ritmo normale o presto si toccherà davvero un fondo difficile da allontanare.

Il porno da sempre è lo stimolo all’autoerotismo, al rapporto con sé stessi. In questo periodo arrivano messaggi e richieste di video privati per cmbattere la noia. Personalmente non ho aderito a questa linea di azione. Con il proliferare di profili amatoriali onlyfans, dove il ragazzo comune
condivide la sua intimità a pagamento, il settore professionale ne soffre molto… è l’evoluzione ai tempi dei social.

Sul piano più personale come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati oltre al tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Pieno rispetto delle regole e cambio assoluto dello stile di vita. Personalmente sono stato travolto dai cambiamenti. Trasferito da poco a Barcellona, nel clou del periodo di adattamento e conoscenza dei luoghi e delle persone, mi sono ritrovato rinchiuso in casa, con unica ancora di
salvezza il dialogo cam/telefono con amici sparsi per il mondo e con il mio nuovo amore, una persona fantastica, che vive a New York, ed è un artista della fotografia, Nicholas Joseph Contrera.

Nicolas Contrera, il fotografo compagno di Alex a lavoro con Amanda Lepore

Un rapporto che è cresciuto molto nel dialogo e nella condivisione di passioni comuni . Vengo da una relazione che è stata “malata” da un certo punto in poi e mi ha prosciugato energia vitale.

Questa nuova relazione, anche se ha visto l’inizio in quarantena mi sta portando energia nuova. Il contatto e la condivisione della giornata, sempre uguale a se stessa, mi ha aiutato molto.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Con che conseguenze per la comunità? Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?
Alex Marte e il suo cucciolo

Credo che il discorso sia planetario, universale. Tutti i luoghi di aggregazione e che creano business a tutti i livelli, sono da reinventare, da riazzerare e riprogettare. Tutto sarà in stand-by per un bel po’. Ma in questo essere in pausa, si creano nuovi modi di portare i vari prodotti culturali alle
persone.

Anche la musica dei club è arrivata in casa a tutti noi ( vedi il prodotto Muccassassina LockDown, Papa Party, Gate e via discorrendo) Dovremo essere più creativi di questo virus per ridiffondere socialità e cultura.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Non sono molto bravo nelle analisi socio-politiche. Certo è che chi ci guida e governa sia a livello locale che a livello globale dovrà mettere da parte le faide interne, e il tornaconto personale per pensare al bene comune. Molto spesso chi ha il potere lavora a vantaggio di poche nicchie mentre il resto del mon spesso si deve adeguare.

La sfida più grande? Riprenderci il nostro mondo e i nostri spazi. In questo non mi fido molto della classe politica, preferisco affidarmi alle sapienti mani “fantasiose” di un pornoattore che alle menti “farneticanti” di un politicante.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

La liberazione sessuale oggi passa attraverso la “normalità“, non i gesti plateali e scandalistici. In questo clima di allontanamento sociale avremo essere bravi a dimostrare che i diritti che richiediamo e che ci permettono di vivere il nostro lato affettivo non si riducono al libertinaggio sessuale che spesso alimenta tutti i pregiudizi della società che ci disegna come persone aberranti.

Siamo uomini che amano e che si prendono cura del proprio nucleo sociale, anche se non è la famiglia tradizionale.

Elia, l’autocertificazione per tante persone trans è stato outing forzato

Elia, l’autocertificazione per tante persone trans è stato outing forzato

Rischio di outing, paura per i continui controlli della polizia, difficoltà nel ricevere le cure necessarie e nel reperire gli ormoni aggravati dal lockdown

Oggi con AltreStorie abbiamo sentito Elia Bonci, giovane studente di lettere e filosofia alla Sapienza di Roma e scrittore che ha fatto del suo percorso di transizione un’occasione di riflessione su stereotipi e omotrasfobia trafodmarndo le personali discriminazioni subite in un progetto che, prima dell’esplosione dell’epidemia, portava in giro nelle scuole.

Ma neanche la loro chiusura e la perdita del lavoro lo hanno fatto arrendere, continuando il suo impegno sul web e attraverso la sua seguita pagina instagram, dove da tempo racconta la sua transizione, offrendo il suo supporto a chi sta vivendo la stessa esperienza.

Come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Non sto vivendo molto bene questo periodo di quarantena. Sto trovando molte difficoltà sopratutto per il mio percorso di transizione, dal momento in cui sono state sospese tutte le prestazioni mediche non ritenute urgenti e tutti i consulti psicologici.

Ho trovato difficoltà a reperire i miei medicinali e non ho avuto il supporto psicologico di cui avrei avuto bisogno. (Io e tutti i ragazzi e le ragazze nella mia situazione). Oltre a questo ho anche perso il lavoro.

Elia Bonci

Elia Bonci, 24 anni, vive in provincia di Roma e studio lettere e filosofia alla Sapienza di Roma.
Ha deciso di traformare la sua difficile esperienza e il suo percorso di transizione in motivo di impegno e di ispirazione.
Autore de “Diphylleia – solo l’amore può distruggere l’omofobia” (Caravaggio editore) e di un progetto contro omofobia e tranfobia che porta nelle scuole, racconta il suo percorso di transizione attraverso la sua seguitissima pagina Instagram.

Tu sei una persona in transizione, che come moltissime, non ha (ancora) adeguato i documenti alla sua identità sociale. Quali difficoltà aggiuntive comporta questa condizione nella vita quotidiana, in particolare con le attuali limitazioni degli spostamenti?

Non aver potuto fare il cambio dei documenti è come non esistere per certi versi. Sono invisibile e vivo sempre una condizione di ansia a disagio. Ho difficoltà a trovare un lavoro ma anche semplicemente a prendere un treno o un aereo.  È successo anche che a causa di questo io sia stato rifiutato in alcuni posti di lavoro.

Le limitazioni aggiuntive per il COVID-19 hanno aumentato questi disagi. Compilare le autocertificazioni è stato sia umiliante dal punto di vista personale che frustante, sono stato sempre con la paura di essere fermato e dover stare a spiegare tutta la mai vita a qualcuno che probabilmente non era informato sul mondo trans.

Oltre a questo le autocertificazioni hanno costretto me e molti altri ragazzi trans ad un outing forzato.

A causa delle limitazioni degli spostamenti e la chiusura di scuole, e luoghi aperti al pubblico i social stanno rivestendo un ruolo molto importante in questo momento. Ci parli dei progetti che stavi portando avanti con i tuoi libri e attraverso Instagram e come sono cambiati in questa fase?
Performance di Elia Bonci

Il Covid-19 ha bloccato tutti i miei progetti, quindi sto cercando di portarli sui social, ma ovviamente non è lo stesso. Porto avanti un progetto contro omofobia e transfobia che avrei dovuto portare nelle scuole qualche giorno dopo che è stato chiuso tutto. 

Il progetto si chiama “Amore in Movimento” e ha lo scopo di educare i ragazzi all’amore verso se stessi e verso gli altri. 

Racconto un grave atto di transfobia che ho subito anni fa e spiego ai ragazzi come questa mostruosità terrestre si possa combattere con l’amore e con l’educazione e lo faccio tramite varia attività a cui i ragazzi partecipano attivamente (per questo amore in movimento!) 

Racconto che io ho superato le bruttezze di quei giorni con i miei libri (Diphylleia – solo l’amore può distruggere l’omofobia) e spiego loco che possono farcela e che devono reagire a tutto questo. 

Ho già presentato il progetto in varie città, come Latina, Eboli, Torino e Lucca.

Quali sono secondo te oggi le priorità per le persone transgender nel nostro Paese?
Performance di Elia Bonci

Sicuramente un cambio di documenti più repentino e immediato, che non lasci tutti noi ragazzi in uno stato di invisibilità per qualche anno. Credo ci sia l’esigenza di snelllire burocraticamente le pratiche e darci immediatamente i documenti che ci spettano. Non sono gli ormoni o le operazioni a renderci quello che siamo. Abbiamo bisogno anche di una legge che ci tuteli sul lavoro e ci permetta di essere assunti anche prima del cambio documenti.

Ritengo importante anche che venga chiarita la questione sui farmaci a base di testosterone e sulla loro reperibilità. Spesso i ragazzi si trovano costretti a cambiare terapia poiché i farmaci di cui hanno bisogno non sono reperibili o sono fuori produzione. Io sono in terapia da sei mesi e ho cambiato farmaco già 4 volte. Non è accettabile.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

Il blocco totale degli spazi di aggregazione per le persone Lgbtq+ è stata una botta molto dura per la comunità. Moltissimi ragazzi si sono ritrovati soli, costretti a violenza continua tra le mura domestiche.

Prima del lockdown sarei dovuto andare a portare i miei progetti a Napoli, Siena, Torino e molte altre città. Nonostante questo stiamo rimandando attivi sui social e già ci stiamo organizzando per il dopo. Sicuramente andrò ad Ischia e a Bergamo.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Non credo sarà un periodo facile, sopratutto per le minoranze. Come ben sappiamo spesso per il bene comune, come dicono, si sacrificano diritti ed esigenze dei più deboli o delle piccole comunità. Ci sarà una grande crisi e servirà la mobilitazione di tutti per ripartire. Con amarezza e dispiacere ho sentito molte persone intorno a me inneggiare a un ritorno della destra storica per far ripartire il Paese.

Spero soltanto che queste rimangano mere dicerie e nulla più. Sto vedendo cosa sta succedendo intorno a me alla comunità Lgbtq+ e non solo quando sale al governo un estremista e non vorrei succedesse anche qui. 

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

Credo che siamo ad un buon punto, anche se ritengo ci sia ancora tantissima strada da fare. Sono molto attivo sui social e ho creato uno spazio dove i ragazzi (soprattutto giovanissimi) possono confrontarsi e sfogarsi e ho notato che siamo una grandissima comunità. Dobbiamo continuare a lottare, sempre con amore, e cercare di educare gli altri al  nostro mondo e al rispetto della diversità.

Tiziana Biondi, La lotta per i diritti oggi più urgente che mai

Tiziana Biondi, La lotta per i diritti oggi più urgente che mai

L’attivista di Stonewall Siracusa oggi è impegnata con le altre associazioni del territorio per offrire aiuti alle persone in difficoltà per la crisi

Oggi AltreStorie approda a Siracusa, dove abbiamo raggiunto l’infaticabile Tiziana Biondi, 47enne vicepresidente di Stonewall, di cui è stata fondatrice e presidente.

Ma il suo attivismo, come potrete leggere, non si ferma all’impegno nella comunità Lgbtqi+. Da sempre impegnata in Arci e Arciragazzi è stata tra le promotrici dell’evento nazionale Educare alle Differenze e dell’omonima associazione nata a livello nazionale proprio da quell’esperienza.

Per chi non la conoscesse ci parli di Stonewall, delle sue attività?

Stonewall, attualmente presieduta da Alessandro Bottaro, è un’associazione di volontariato, apolitica e apartitica, democratica e indipendente.

Sin dalla sua fondazione, avvenuta l’8 ottobre del 2008, ha sempre operato contro le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e di genere, cercando di rimuovere tutti gli ostacoli di ordine socio-culturale che da sempre limitano la libertà di gay, lesbiche, bisessuali e trans.

Oltre a organizzare e promuovere eventi formativi e culturali, l’associazione offre consulenza e supporto psicologico e legale alle persone Lgbtq+ e loro familiari e svolge attività formativa in collaborazione con istituti scolastici, enti pubblici e privati al fine di diffondere la cultura della pari dignità delle persone con differente orientamento sessuale e per prevenire e contrastare ogni forma di discriminazione e/o violenza.

Dal 2014 Stonewall è co organizzatrice e co-promotrice insieme alle associazioni SCOSSE di Roma, che lo ha ideato, e Il Progetto Alice di Bologna di Educare Alle Differenze – Giornate Nazionali per l’Educazione alle Differenze nelle Scuole di ogni ordine e grado.

Tiziana Biondi

Tiziana Biondi, classe ’73, agrigentina di nascita, siracusana d’adozione. Cofondatrice dell’associazione STONEWALL, di cui è stata presidente e oggi vice presidente.
Cresciuta a pane Arci e Arciagazzi, si definisce una donna, lesbica, femminista e un’attivista per i diritti civili e umani.
Dal 2005 follemente innamorata della sua Carmen con la quale si è unita civilmente il 23 dicembre del 2016.

A Stonewall come state affrontando l’epidemia di coronavirus e le misure conseguenti?

Durante questo periodo di distanziamento fisico obbligatorio (aborriamo l’espressione “distanziamento sociale“) l’associazione ha continuato a offrire alcuni dei servizi che normalmente offre:

  • Il telefono amico – per l’ascolto e il supporto delle persone LGBT+ e loro familiari.
  • La Psicologa Risponde – Una linea amica, un servizio e-mail gratuito di counseling on line, gestito da psicologi, psicoterapeuti e sessuologi, che collaborano con l’associazione, rivolto a tutte e tutti coloro che sentono il bisogno di un supporto, per aver subìto discriminazioni a scuola, in famiglia o sul posto di lavoro, per far fronte a problemi di coppia, per chiarire i propri dubbi o per affrontare momenti di solitudine e scoramento. Supporto, consulenza e sostegno psicologico e legale.
  • E infine Open Space LGBT+ – gruppo di counseling psicologico condotto, in modalità “on line”, dallo psicologo Andrea Malpasso e dalla psicologa e psicoterapeuta Emma Lo Magro.
Sei molto impegnata nelle iniziative sociali che affrontano la crisi generata dall’epidemia. Con che realtà vi state confrontando? Quali sono i principali problemi e bisogni che sono emersi nelle scorse settimane e che risposte avete messo in campo?
Tiziana Biondi, Stonewall Siracusa

Da quando è iniziata la pandemia, ho pensato che avrei potuto mettere a disposizione, anche di altre associazioni, le mie competenze e il mio tempo. Le emergenze nell’ emergenza sono state chiare sin da subito: povertà e solitudine. Tante le persone rimaste isolate dai loro affetti e dalla rete amicale che di fatto ne costituiva la loro “iperfamiglia”.

Attualmente collaboro con i meravigliosi volontari e volontarie delle associazioni “ASTREA in memoria di Stefano Biondo”, ARCI Siracusa e Zuimama Arciragazzi che stanno facendo un gran lavoro per far fronte ai bisogni di tante ciattadine e cittadini e tante famiglie che necessitano di alimenti e generi di prima necessità. Con loro abbiamo distribuito aiuti a tantissime persone che si sono trovate improvvisamente in difficoltà e che si vergognavano persino a chiedere.

Ho messo a disposizione anche le mie competenze sulla comunicazione coi social media per la ricerca di risorse economiche e per diffondere notizie e informazioni utili.

Insieme all’addetta stampa di Stonewall e ad alcune amiche abbiamo messo su anche una trasmissione che va in diretta ogni giorno dal nome che ne spiega la mission “CONNESSIONI SOLIDALI

Sul piano personale invece, come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?
L’unione civile di Tiziana Biondi (destra) e Carmen

Mi ritengo molto fortunata poiché sto condividendo la quarantena con la persona che amo che rappresenta il pilastro della mia esistenza e cioè mia moglie Carmen.

Ovviamente mi sento orfana dei miei affetti familiari (vedo mia madre, mia sorella e miei adorati nipoti solo tramite videochiamata) e della mia preziosa rete amicale che rappresenta per me una seconda grande e preziosa famiglia.

Dal punto di vista lavorativo le cose non vanno benissimo poiché sono disoccupata dal mese di marzo del 2019 e trovare una nuova occupazione in questo periodo è estremamente complicato. Ma chi mi conosce sa che sono una persona che non si scoraggia facilmente e pertanto sto impiegando il mio tempo a studiare e a frequentare dei corsi di formazione on line poiché spero di reinventarmi presto, lavorativamente parlando.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

A Siracusa, Stonewall insieme ad Arcigay Siracusa e ad altre associazioni cittadine aveva cominciato a lavorare al Pride 2020 e a tante altre iniziative che ha dovuto sospendere.

Saranno mesi complicati e di certo bisognerà attendere l’evolversi della situazione. Ma abbiamo già in mente di organizzare, non appena sarà possibile, degli eventi, sia all’aperto, garantendo norme e distanze di sicurezza e sia utilizzando la modalità “on line” . Penso faranno lo stesso le altre associazioni.

Molto più complessa è invece la situazione dei gestori dei locali o di serate lgbt+ che come tutti i piccoli e grandi imprenditori e i lavoratori di quasi tutti i settori si trovano in grande difficoltà.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?
Tiziana Biondi

Il futuro che ci aspetta di certo non sarà roseo, a livello economico e sociale, tanto c’è da fare e riscostruire e tanto c’era da fare e non è stato fatto. La rinascita sociale ed economica del nostro Paese dipende quasi totalmente da chi ci governa e dalla classe politica che si è mostrata fino ad oggi non molto preparata ad affrontare questa situazione.

C’è da lavorare molto alla sanità, il cui modello si è dimostrato essere fallimentare e inadeguato, e che dire del wellfare e delle politiche per il lavoro e per il sostegno alle famiglie ? Temo le risposte siano sotto gli occhi di tutte e tutti noi. In tutto questo c’è da vigilare per arginare la deriva populista, sovranista e nazionalista che costituiscono una minaccia alla democrazia e a quanto di buono c’è nel nostro Paese.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

La comunità Lgbtq+ e il mondo dell’associazionismo che si batte per i diritti civili e umani, si troverà ad affrontare un periodo ancora più complicato. Temo infatti che per tante forze politiche quella dei diritti delle persone Lgbtq+ non sia più una priorità, sebbene, sono sempre più convinta, che lo sia oggi ancor di più.

Non appena possibile dovremo scendere in piazza per chiedere a gran voce una legge contro l’omotransbifobia, l’inserimento all’interno della legge sull’unione civile, di una norma che riconosca la “step child adoption” o magari il matrimonio egualitario, affinchè, come più volte detto dal premier Conte, nessuno e nessuna resti indietro…

Muzzetta, il Milano Pride sosterrà la ricostruzione

Muzzetta, il Milano Pride sosterrà la ricostruzione

“Dobbiamo essere creativi e trovare nuove forme di mobilitazione”. Il Milano Pride aderisce al Global Pride lanciato da EPOA, “ma non sarà solo virtuale”

Il nostro viaggio nella comunità Lgbtqi+ ai tempi della pandemia oggi ci fa incontrare Roberto Muzzetta, imprenditore e attivista milanese, da anni una delle anime della commissione organizzatrice del Milano Pride, di cui è anc he stato coordinatore.

Oggi è anche esponente del direttivo di Arcigay Milano e della segreteria nazionale di Arcigay come resposabile delle relazioni internazionali. Ma presta anche cuore e voce al Checcoro, il coro Lgbtqi di Milano. Perché in Roberto l’impegno sociale si coniugano in modo raro con la grande capacità di visione e organizzativa e con un grande amore per l’arte e il bello. Caratteristiche che, come leggerete dalle sue parole, gli consentono di vedere sempre, nelle difficoltà e nei rischi anche i germi della rinascita e del cambiamento positivo.

Milano e la Lombardia sono state tra le zone più colpite dall’epidemia. Come hai vissuto questa esperienza? Come sta evolvendo adesso la situazione? Ci sono state delle particolari responsabilità politiche o altre condizioni che, secondo te, hanno contribuito a rendere la situazione lombarda così tanto più grave rispetto anche ad altre regioni vicine?

Ormai è accertato che alcune località della Lombardia sono state le prime ad essere colpite in Italia – e praticamente in Europa – con una epidemia silenziosa che si è insinuata negli ospedali infettando molte persone fragili e molti operatori sanitari.

Questa “sfortunata”circostanza può in parte spiegare la tragica situazione della mia regione. Tuttavia quello che è avvenuto dopo – gli oltre 13.000 morti ufficiali   – è in buona parte dovuto ad una risposta totalmente inadeguata e spesso esasperatamente politicizzata da parte della dirigenza lombarda. 

Roberto Muzzetta, 49 anni, imprenditore, di Milano dove vive, da molti anni fa parte della commissione organizzatrice del Milano Pride di cui è stato anche coordinatore, Componente del direttivo di Arcigay Milano e responsabile relazioni internazionali della segreteria di Arcigay nazionale.
Appassionato di arte, teatro, musica – canta nel Checcoro di Milano – e opera e grande intenditore di politica americana, convive col compagno e la cagnolina Minnie.

Sei impegnato nella segreteria nazionale di Arcigay. Come ha reagito a questa situazione inedita l’associazione?

Inizialmente vi è stato un momento di comprensivo spaesamento. Ci siamo domandati come si sarebbe evoluta la situazione e soprattutto cosa avremmo potuto fare. Quello che è stato, tuttavia, chiaro sin dall’inizio è che occorreva cercare – compatibilmente con la situazione – di dare continuità alla vita associativa e soprattutto di dare un segnale di vicinanza alle molte persone che nel contesto della quarantena avrebbero vissuto una condizione di particolare solitudine o addirittura di discriminazione e violenza.

In poche settimane sono nate molte iniziative locali  on-line che, unitamente alle iniziative della rete donne, rete giovani ed arcigay sport, hanno rappresentato il cuore di ONLIFE, la programmazione on-line delle nostre attività.

Da anni segui dall’interno l’organizzazione del Milano Pride. L’emergenza coronavirus ha ovviamente travolto l’organizzazione dei pride in tutto il Mondo. Molti sono stati annullati, altri rinviati sine die. InterPride ed Epoa hanno lanciato un giorno di mobilitazione virtuale. Cosa farete voi a Milano?

Come Milano Pride abbiamo aderito al GLOBAL PRIDE di INTERPRIDE ed EPOA – l’iniziativa di un pride virtuale che coinvolga tutti i pride del mondo. Con lo stesso spirito stiamo definendo come possiamo declinare anche localmente questa formula di virtual pride al fine di essere presenti anche quest’anno, in  modo diverso e alternativo.

Ma non sarà tutto virtuale. Stiamo pensando a qualcossa che, garantendo al massimo la sicurezza, secondo le regole del distanziamento fisico e delle misure di prevenzione più accurate, offra dei momenti di incontro e visibilità reali.

L’altro elemento a cui stiamo lavorando quest’anno è la solidarietà. Vogliamo usare la grande forza e capacità di mobilitazione attivazione del Milano Pride per raccogliere risorse e dare un contributo concredo alla ricostruzione sociale ed economica post covid.

Sul piano personale come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Personalmente questa quarantena è stata molto intensa e per certi versi impegnativa.  Passo almeno 10 ore al giorno tra email, video chat e telefonate.  Lo smartworking e gli impegni associativi hanno trovato nella quarantena la condizione ideale per dilagare nella mia vita personale.

Fortunatamente anche il mio compagno è molto preso con la finalizzazione della tesi di Master. Così ci sentiamo meno in colpa per non poterci dedicare più tempo.

Poco  prima della quarantena abbiamo adottato una cagnolina che ci tiene compagnia e ci costringe almeno due volte al giorno ad  interrompere le nostre attività per le sue legittime necessità fisiologiche.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

La partecipazione fisica, concreta e “reale” è una componente essenziale sia della socialità in generale che, specificamente, dell’attivismo del nostro movimento. Sia nella forma di una pubblica manifestazione, che in quella di somministrazione di servizi alla comunità.

Ritengo tuttavia che il  distanziamento sociale invece di creare uno stato diffuso di alienazione ed isolamento, abbia in alcuni casi generato forme innovative di socialità e di aggregazione che potranno in parte arricchire anche nei prossimi mesi le modalità di partecipazione politica e di socializzazione. Tutto questo tuttavia avrà pesanti ricadute economiche che colpiranno anche molte realtà vicine alla nostra comunità. 

Oltre che un attivista sei anche un imprenditore. Proprio dal mondo produttivo stanno venendo grandi pressioni per la riapertura e per accelerare le prossime fasi di ripartenza. Secondo te come si sta avviando in Italia la “Fase 2”? Stiamo avendo troppa fretta o stiamo andando troppo lenti? Cosa servirebbe per poter ripartire in sicurezza?

Il contemperamento fra la tutela del tessuto economico di un Paese e la tutela della salute dei propri cittadini costituisce  l’ineludibile rebus che tiene impegnati tutti i governi in questo momento. Mi sembra che nessuno abbia la soluzione e che comunque i tre criteri fondamentali intorno cui ruota la gestione della cosiddetta fase2 in praticamente tutti i paesi del mondo sia la gradualità dei provvedimenti, il rispetto responsabile di norme di distanziamento sociale. Inclusa l’imposizione alle attività produttive di chiari protocolli di igiene e sicurezza e il monitoraggio continuo della situazione. In assenza di questi presidi ogni scelta, sarebbe un salto nel buio.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

L’emergenza COVID potrebbe aggravare le ineguaglianze sociali, facendo emergere nuove marginalità e indurre sistemi con tendenze autoritarie a conculcare i diritti dei propri cittadini e le prerogative democratiche in nome della sicurezza.

Michelle Bachelet, l’alto commissariato per i diritti dell’uomo, ha recentemente dichiarato che fra le categorie che potrebbero soffrire di più delle negative ripercussioni socio-politiche dovute all’emergenza   COVID 19  vi siano proprio le persone LGBT*.

Mi concedo tuttavia la velleitaria speranza che nel medio periodo questa crisi possa costituire anche un’opportunità di immaginare forme più consapevoli e  sostenibili di sviluppo.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

In una situazione di emergenza sanitaria planetaria il rischio che la rivendicazione dei nostri diritti possa essere percepita come non essenziale è alta. Tuttavia sono  concreti anche i rischi citati dalla Bachelet per le persone LGBT* – basti vedere il caso Ungheria. La sfida è quella di tenere viva l’attenzione sulle nostre battaglia e sui principi a cui sono ispirate con determinazione, serietà e senso di responsabilità, come è avvenuto recentemente in relazione all’eccezione di  “congiunto” nella fase 2. Come Arcigay abbiamo ribadito l’importanza di andare oltre al vincolo di legame familistico  tradizionale per ricomprendere forme plurali  di affetti e di famiglia

In assenza di forme fisiche di mobilitazione e manifestazione che tradizionalmente hanno caratterizzato la nostra azione politica – basti pensare alla parata del pride –  dobbiamo essere creativi nel trovare forme alternative di mobilitazione e partecipazione. in questo la tecnologia e il consolidamento del rapporto con il  network internazionale delle associazioni lgbt* di cui arcigay fa parte possono rappresentare sicuramente dei punti di forza.