AltreStorie https://www.altrestorie.net LGBTQI ai tempi della pandemia Wed, 27 May 2020 07:09:20 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.5.15 https://www.altrestorie.net/wp-content/uploads/2020/04/cropped-AltreStorie-icona-32x32.png AltreStorie https://www.altrestorie.net 32 32 Giovanni Zardini, Prendiamo esempio dalla forza dei migranti Lgbt+ https://www.altrestorie.net/2020/05/27/giovanni-zardini-prendiamo-esempio-forza-migranti-lgbt/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=giovanni-zardini-prendiamo-esempio-forza-migranti-lgbt Wed, 27 May 2020 04:00:00 +0000 https://www.altrestorie.net/?p=704 Per il presidente del Circolo Pink di Verona, oggi in sofferenza per il coronavirus, dobbiamo lottare per una società più giusta, non per i nostri orticelli

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Per il presidente del Circolo Pink di Verona, oggi in sofferenza per il coronavirus, dobbiamo lottare per una società più giusta, non per i nostri orticelli

Altrestorie approda oggi a Verona, dove abbiamo raggiunto Giovanni Zardini, presidente del Circolo Pink e instancabile attivista antirazzista e antifascista. Un’occasione per conoscere una realtà unica nel panorama Lgbtqi+ italiano che è oggi in grossa difficoltà a causa dell’emergenza coronavirus, ma in questi mesi non ha rinunciato, come possiamo leggere, a lanicare una importante campagna di solidarietà per i migranti e rifigiati chiusi in casa senza altre risorse.

Sei uno storico esponente dell’associazione Pink di Verona. Una realtà che negli anni ha subito una radicale evoluzione, divenendo un unicum nel panorama Lgbtqi+ italiano. Ce ne vuoi parlare brevemente spiengondoci meglio cosa fate oggi?
il logo del Circolo Pink di Verona

Il Circolo Pink non è più da anni la classica associazione LGBT come la si poteva intendere anni fa o come altri gruppi, dove ad esempio hanno un direttivo composto solo da persone LGBT, da noi non è cosi.

Nel 2007 abbiamo fatto una revisione dello statuto e abbiamo aggiunto la lettera E (eterosessuale) perchè le persone E sono parte integrante dell’associazione, come costruzione di iniziative, eventi e manifestazioni. Il Pink è sempre stato uno spazio di attraversamento per tante soggettività: nella nostra attuale sede condividiamo lo spazio fisico e politico con Potere Al Popolo e Non Una Di Meno (NUDM). Nella vecchia sede ospitavamo una biblioteca  anarchica, gruppi studenteschi e altre soggettività. Ma è anche stato lo spazio politico dove si incontravano diversi gruppi non LGBT veronesi, per condividere una pratica antifascista e antirazzista comune.

Il tutto è sicuramente il risultato delle particolari condizioni politiche veronesi, dove l’estrema destra è presente ovunque, a livello culturale, economico, istituzionale ma anche sociale. Nello spazio del Pink, all’inizio degli anni 2000, è nato il primo sportello legale per migranti, dopo un po’ di anni è nato il SAT il Servizio Accoglienza Trans (ora associazione indipendente). All’inizio del 2017 nasce Pink Refugees il gruppo LGBT formato da migranti e richiedenti asilo. Possiamo dire che per fare politica al Pink non è mai stato necessario essere LGBT (per fortuna).

Giovanni Zardini, classe 1963, grafico pubblicitario, vive fra Verona e Torino.
Dedica moltissimo tempo ed energia al Circolo Pink di Verona, di cui Presidente dal 1996 e al Gruppo Pink Refugees LGBT Verona.
Negli anni ha fatto parte di Facciamo Breccia e di altri gruppi antifascisti e antirazzisti Veronesi.
Inoltre è stato fra i fondatori del SAT Servizio Accoglienza Trans, prima servizio del Circolo Pink e ora associazione autonoma.

Parlando di Verona a tant* di noi viene in mente il Congresso delle Famiglie e un contesto politico molto ostile, razzista e omofobo. Con il vostro impegno avete finito per connettere i due temi. Che tipo di alleanze, di risposte, anche positive, e di difficoltà incontrate sul territorio?

La situazione a Verona non è cambiata neppure dopo la grande manifestazione del 30 marzo 2019 che ha portato a Verona migliaia di persone da tutta Italia per manifestare contro questa deriva integralista e familista.

Il punto è sempre quello. A Verona convivono e si sono saldate nel tempo diverse forze politiche, culturali, economiche e religiose che hanno un progetto comune, la lotta alle diversità, all’autodeterminazione della donna, contro le persone LGBT, contro i migranti i Sinti e i Rom. Tutti uniti sotto un’unica bandiera la difesa delle tradizioni, dei loro privilegi economici di classe.

La famiglia naturale è il collante del loro pensiero integralista.  Ma anche l’affermazione e la supremazia della razza bianca, la difesa dei privilegi cattolici, ma non quelli legati alla fede, qui comanda la gerarchia cattolica, unita poi alle forze politiche di estrema destra, istituzionale e non.

Il gruppo Pink Refugees alla manifestazione veronese del 30 marzo 2019

E’ facile unire le tematiche razzismo e omofobia. Ricordo che a Verona è ancora in vigore la mozione omofoba 336 del 1995, che ha dato il via a una serie di battaglie contro la discriminazione alle persone LGBT anche in Italia. Poi ci sono i vari gruppi integralisti cattolici. Uno in particolare, “Famiglia e Civiltà”che si batte nello specifico contro le persone omosessuali e transessuali. M Verona è stata anche terra di conquista dei NO-GENDER, con decine di conferenze sul territorio, con patrocini e appoggi a livello istituzionale, economico e religioso. Il Congresso Mondiale delle Famiglie è il risultato di tutto questo.

Poi c’è stata la lotta contro le persone Rom e Sinte e contro i migranti. I vari gruppi di estrema destra veronese hanno fomentato in maniera violenta la popolazione contro i tanti CAS presenti a Verona e provincia. I richiedenti asilo ospitati in accoglienza sono stati oggetto di un’aspra lotta. Si distingue un gruppo: Verona ai Veronesi, con agganci con Forza Nuova, sempre presente là dove si apriva una nuova struttura di accoglienza.

Possiamo anche ricordare che Verona è stato il laboratorio dell’estrema destra italiana per anni e forse lo è ancora, ma qui si apre un mondo che forse potremmo raccontare un’altra volta.

A Verona i gruppi e le persone LGBT hanno dovuto fare una scelta nel 1995 quando è nato il comitato ALZIAMO LA TESTA: o si diventava visibili o si soccombeva. Abbiamo dovuto optare per la VISIBILITA’.

Con quarantene, restrizioni, chiusure di attività economiche e di spazi sociali certamente per alcune componenti della società le difficoltà sono state importanti. Voi come avete risposto e cosa avesse messo in campo per far fronte all’emergenza?

Il Coronavirus e le chiusure sono un grosso problema per tutti gli spazi sociali e politici. Credo che tutti i gruppi e associazioni ne risentiranno fortemente, quando non rischiano di chiudere le attività per sempre. Chi come noi ha uno spazio fisico ha dovuto chiudere tutte le attività, fermare tutto non potendo più fare incontri e iniziative, per cui mantenere economicamente lo spazio è tutt’ora un grosso problema. Come faremo a pagare affitto e utenze che non si sono fermate? Abbiamo stretto un patto con il proprietario della sede: per ora stiamo pagando metà affitto, ma passata l’emergenza vorrà la differenza e, non potendo fare iniziative, non possiamo raccogliere i soldi per sostenere le spese. Anche perché poi molti dei nostri soci e sostenitori non stanno lavorando o hanno perso il lavoro.

Per la nostra realtà il problema del non potersi trovare è pesantissimo. Ultimamente l’unica attività, extra resistenza, dovuta alle particolari condizioni repressive tipiche di Verona, era quella del gruppo Migranti LBGT Pink Refugees, nato nel febbraio del 2017 e che in breve tempo è cresciuto tantissimo. Di punto in bianco le riunioni che facevamo tutti i martedi pomeriggio a Verona si sono bloccate come le altre occasioni di aggregazione. Tutti i martedi pomeriggio al pink arrivano fra le 40 e 50 persone migranti, richiedenti asilo e rifugiate provenienti da tutto il Nord Italia ma anche da Firenze, Bologna, Napoli e Avellino. Uno spazio di aggregazione e socialità importantissimo per loro.

A fine marzo tutto si è bloccato, fortunatamente la chat aperta già nel 2017 ha funzionato ed è stata il collante con il gruppo, oltre ai vari rapporti personali nati in questi anni. Ma abbiamo dovuto affrontare un’emergenza alimentare e lavorativa molto pesante. I migranti del Pink, come altri, sono rimasti chiusi in casa senza lavoro e cibo. Molti di loro, che lavoravano in nero, hanno perso il lavoro da un giorno all’altro, senza naturalmente nessuna garanzia di riprenderlo e a volte senza aver percepito i soldi delle settimane lavorate.

Come avete affrontato la situzione per provare ad aiutarli?

Abbiamo lanciato una sottoscrizione: STAVOLTA, AIUTIAMOLI A CASA LORO per l’acquisto di cibo. Fino ad ora abbiamo raccolto 4.505,00 euro, abbiamo distribuito 4.250,00 euro attraverso 99 bonifici. Abbiamo preferito erogare l’aiuto direttamente in denaro e non con i “sacchetti alimentari” che abbiamo visto in altre esperienze, perché molti migranti hanno esigenze particolari. Per esempio non mangiano o non riescono a digerire bene la nostra pasta o i formaggi e, inoltre, i soldi potevano servire anche per altre esigenze ugualmente importnati come bollette o persino una ricarica del cellulare senza il quale rischiavano il totale isolamento.

Poi abbiamo tamponato tante altre richieste dovute alle udienze saltate, commissioni rimandate e annullate, permessi che scadevano, migranti rimasti senza casa. Un’emergenze dentro l’emergenza è stata che la soggettività migrante tutta è stata molto colpita anche dal punto di vista delle informazioni che non venivano date. Venendo a mancare lo spazio fisico del Pink, si è interrotto anche lo spazio di socialità che speriamo di riprendere quanto prima, perchè troppo importante per la loro autodeterminazione come migranti LGBT.

Negli scorsi giorni in merito  alla possibilità di regolarizzazioni di migranti impegnat* in agricoltura o nelle attività domestiche ci sono state molte polemiche. In particolare ha fatto molto discutere un’uscita del portavoce del Gay Center. Tu che ne pensi? E il provvedimento coì come poi è stato approvato nel decreto ti soddisfa?
Giovanni Zardini in piazza

Che prima di tutto conosce molto poco la realtà delle persone migranti indipendentemente dall’essere LGBT. Poi credo che i migranti siano perfettamente in grado di rappresentarsi da soli. Lo hanno dimostrato in più occasioni e anche chi è LGBT sa autorappresentarsi senza aiuti o altri che parlino per loro. Trovo che sostituirsi alle soggettività e prendere parola per loro sia uno sbaglio che molti hanno fatto. Delegare ad altri i nostri diritti non è sano, ognuno è perfettamente in grado di rappresentarsi. Io che non sono migrante, posso essere al loro fianco ma non posso parlare per loro e arrogarmi questo diritto.

Per la sanatoria certo non ci soddisfa ma sopratutto non soddisfa i migranti. Molte e molti resteranno fuori, le regole imposte sono ridicole e discriminanti, si scatenerà la solita compra vendita di contratti di lavoro pagati a prezzi stellari, vere truffe come è stato per molti di loro all’ultima sanatoria. L’impressione è che sia stato un patto fra partiti e forze politiche per non scontentare 5Stelle e i soliti Salvini e Meloni. Uniche vittime loro, i migranti.

Per i richiedenti asilo non si sa ancora nulla. C’è grande confusione, non si sa se servirà il passaporto, non si capisce il senso della regola del permesso scaduto dal 31 ottobre 2019 in poi: se ti è scaduto prima sei fuori da uno dei due casi e ti devi affidare a un “datore di lavoro” che ti deve assumere e magari ti vende il contratto per migliaia di euro, cosa che si sa benissimo, ma si preferisce far finta di nulla. Come il problema delle lettere di ospitalità che ogni migrante fuori dall’accoglienza si deve procurare e pagare se vuole che il suo permesso di soggiorno venga rinnovato. La legge non lo dice ma le questure applicano questa assurda regola e alla fine l’ospitalità se la comprano.

Sul piano più personale invece come stai vivendo questo periodo e come ha affrontato la quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Vivo da anni fra Verona e Torino. Quando all’inizio di marzo è scoppiato il coronavirus ero a Torino e ci sono rimasto fino quasi a metà maggio. A Torino abbiamo una casa immersa nel verde isolata sulle colline, siamo stati bene, non ci siamo quasi accorti di tutto quello che stava succedendo se non fosse che si lavorava da casa o che c’erano problemi per fare la spesa e cose che sappiamo tutti. Potevamo uscire tranquilli perchè isolati ed è stata una fortuna. Abbiamo spento la TV…

Lavoro come libero professionista e con un portatile posso lavorare ovunque e spesso è cosi. Fortunatamente i clienti che ho hanno continuato a lavorare perchè altrimenti mi sarei fermato e come libero professionista sarebbe stato un problema. Ma io ero uno dei fortunati. Altre e altri hanno pagato molto caro il periodo.

La preoccupazione però era palpabile, dato che non si sapeva molto, tutto era un’emergenza. Ho anche pensato che ero capitato in uno dei tanti film catastrofici già visti. Poi mi aleggiavano pensieri legati alla nostra libertà: mi dicevo chi deciderà quando l’emergenza sarà passata? Finiremo in uno stato di controllo sociale e polizia? Dovremmo giustificare tutti gli spostamenti? Come ci riavvicineremo alle altre persone? Preoccupazioni ancora presenti.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Luoghi che per noi non sono solo divertimento, ma anche servizi, identità, talvolta uniche occasioni di libertà o incontro. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

La buona notizia è che dal 23 maggio 2020 possiamo tornare a riunirci, con regole e prescrizioni, per cui piano piano potremo tornare a quella che era la nostra normalità associativa. Ma credo sarà molto lunga riprendersi.

Non facciamo attività da mesi e siamo in sofferenza economica. Gruppi come il nostro, che non hanno sovvenzioni e finanziamenti, vanno avanti con le iniziative e le donazioni dei soc*. Se si perde lo spazio politico si perde tutto. Una soluzione sarà sicuramente cercare alleanze con altri gruppi che hanno spazi più grandi per potersi vedere e fare attività culturale e associativa. Poi vedremo un po’ tutto il resto.

Saggeremo, anche se lo abbiamo già toccato, il livello di “repressione” sociale: ad un certo punto pareva che per fare qualunque tipo di attività ci volesse l’autorizzazione, anche per respirare. La gente perdeva il lavoro e non si poteva protestare, famiglie intere senza cibo e davano multe a chi consegnava cibo. Non tutti hanno usufruito di aiuti comunali. La diversità è sempre uno spartiacque fra chi accede ai servizi e chi no.

Piano piano dovremmo ricostruire tutto, soprattuto il nostro spazio di pratica politica che non possiamo assolutamente perdere. 

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Credo sempre quelle: lotta alle disuguaglianze sociali, mancanza di diritti, un ambiente che va a rotoli, lavoro che manca, classi sociali sempre più lontane, migrazioni di popoli che reclamano una vita dignitosa. C’è sicuramente da scegliere. Ho un’idea di mondo dove ogni persona lotta per uno spazio di vivibilità, che però non può essere considerato personale ed egoistico. Quello che vedo però è un mondo che sempre meno mi piace e da cui vorrei fuggire, perchè non scorgo una soluzione.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

Mi sono sempre chiesto cosa sia la liberazione sessuale se non una serie di gabbie imposte e autoimposte da scardinare in maniera creativa e irriverente. Io mi auguro che il movimento, se mai ne esiste uno, non sia solo schiacciato su protagonismi e finte liberazioni, o peggio che non abbia una prospettiva e visione politica molto ampia.

Credo che l’epoca degli orticelli sia definitivamente tramontata e anche quella delle rappresentanze. Non voglio far parte di un piccolo mondo gay schiacciato su se stesso, vorrei far parte di un mondo molto più ampio.

Vedo ancora molta violenza contro di noi, molta disuguaglianza sociale e la percezione di noi LGBT non credo sia cosi cambiata: restiamo sempre una diversità da colpire. Vedo però una speranza, una nuova energia, nei ragazzi migranti LGBT. Da loro potremo imparare molto, la loro forza è prodigiosa, nuova linfa al nostro movimento per i diritti.

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Franco Buffoni, La nostra classe politica è inadeguata, ma l’Europa ci può salvare https://www.altrestorie.net/2020/05/15/franco-buffoni-nostra-classe-politica-inadeguata-europa-salvare/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=franco-buffoni-nostra-classe-politica-inadeguata-europa-salvare Fri, 15 May 2020 04:00:00 +0000 https://www.altrestorie.net/?p=695 Se impareremo il valore delle competenze e della scienza, limiteremo il regionalismo e daremo valore allo smart working questa crisi ci avrà insegnato molto

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Se impareremo il valore delle competenze e della scienza, limiteremo il regionalismo e daremo valore allo smart working questa crisi ci avrà insegnato molto

Il viaggio di AltreStorie nella comunità Lgbtq+ ai tempi della pandemia, oggi ci porta a casa di Franco Buffoni, importante poeta e letterato italiano che da molti anni ha fatto dell’impegno civile e della battaglia per laicità una missione, sia nelle sue opere sia nelle tante occasioni pubbliche che, prima del lockdown, lo vedevano spesso protagonista in giro per il Paese.

Classe 1948, di Gallarate, Franco Buffoni è ordinario di critica letteraria e letterature comparate, esordisce come poeta nel 1978 su “Paragone” (con Jucci del 2014 vince il premio Viareggio), è saggista e traduttore. Al suo primo romanzo Più luce Padre, uscito per Sossella nel 2006, dobbiamo il nostro incontro. Ne seguiranno molti altri – ricordiamo Zamel (2009), Il Servo di Byron (2012), La casa di via Palestro (2014), Il Racconto dello sguardo acceso (2016), Due Pub tre poeti e un desiderio (2019) – in cui con sempre maggior forza emerge l’elemento dell’omosessualità, dell’impegno civile per i diritti, inscindibilmente legati al dato biografico e lirico che la sua scrittura conserva anche quando è in prosa.

Oggi vive tra la sua Gallarate e Roma, dove si è dovuto fermare all’esplosione della pandemia e dove lo abbiamo, virtualmente, raggiunto.

Tu vivi tra la tua Lombardia e Roma, dove sei stato sorpreso e bloccato dalle misure della quarantena. Nella tua esperienza e dai tuoi contatti che differenze ci sono state in questa emergenza tra le due regioni?

Sono rimasto bloccato a Roma dalla metà di febbraio, quindi ho avuto notizie dalla Lombardia solo tramite contatti telefonici e dai giornali. La situazione lì è ben più grave e drammatica, anche da un punto di vista psicologico. Chi non ha contratto il virus è davvero molto preoccupato, mentre qui a Roma l’atmosfera non è così plumbea. I numeri di contagiati e morti d’altronde confermano l’impressione.

Proprio su questa operazione quotidiana di ricerca di notizie relative alla Lombardia ho scritto questa breve poesia:

Mentre da Roma cercavo sul Corriere
Le notizie sul contagio a Gallarate,
L’occhio mi è caduto sul servizio
Con le foto da Marte. Trentaquattro istantanee
Inviate da Curiosity, il rover della Nasa
Che da otto anni vaga sul pianeta.
Il Sole da Marte in un tramonto blu,
Mount Sharp e il cratere di Gale,
I sedimenti d’un antico fiume
Rocce meteoriti e dune
E poi ad un tratto quel pallino chiaro
The Earth
La Terra vista dal cortile del vicino
Con le fidejussioni i rogiti i contratti
Le zone rosse ed arancioni
Le bare bianche senza estreme unzioni.

Vi ho fuso due sentimenti. Il primo è quello ansioso di chi cerca notizie specifiche su questa cittadina tra Milano e il Lago Maggiore. Il secondo riguarda l’enorme squarcio rappresentato dalle foto da Marte inviate dal Rover. L’effetto è straniante. La Terra appare come un pallino lontano, le nostre umane vicende diventano minuscole. In questa poesia si concretizza il tentativo di vedersi dall’esterno, molto dall’esterno.

Franco Buffoni, 72 anni, di Gallarate, è ordinario emerito di critica letteraria e letterature comparate.
Nel 1978 su “Paragone” esordisce come poeta affermandosi, soprattutto a partire dagli anni ’90, come uno dei più importanti poeti italiani a cavallo tra 900 e 2000 con numerose raccolte spesso premiatae. Con Jucci, del 2014, vince il premio Viareggio.
La sua attività spazia molto: saggista, raffinato anglista, è traduttore e teorico della traduzione, curatore di collane e riviste letterarie.
L’impegno da attivista per i diritti civili si lega, però soprattutto alla sua produzione in prosa e si accentua vieppiù a negli ultimi 15 anni.
Il suo primo romanzo, Più luce Padre, è del 2006. Ne seguiranno molti altri – ricordiamo Zamel (2009), Il Servo di Byron (2012), La casa di via Palestro (2014), Il Racconto dello sguardo acceso (2016), Due Pub tre poeti e un desiderio (2019) – in cui con sempre maggior forza emerge l’elemento dell’omosessualità, dell’impegno civile per i diritti, inscindibilmente legati al dato biografico e lirico che la sua scrittura conserva anche quando è in prosa. Oggi vive tra la sua Gallarate e Roma, dove si è dovuto fermare all’esplosione della pandemia.

Tornando più vicino, secondo te nella gestione dell’emergenza e delle sue conseguenze in Lombardia ci sono delle responsabilità politiche?

Credo proprio di sì. In questi due mesi è riemersa prepotentemente la mia avversione verso le autonomie regionali. Sono sempre stato contrario all’istituzione delle regioni e sono stato contrarissimo quando la responsabilità sulla sanità è stata loro attribuita. L’ho scritto anche in diversi libri negli ultimi vent’anni.

La situazione attuale ha mostrato i disastrosi effetti, anche dal punto di vista delle decisioni da prendere e delle loro conseguenze. L’Italia è nata come Paese centralistico, sul modello francese. Poi per compiacere la Lega di Bossi si è realizzata questa parodia di federalismo, è la Sanità è la punta dell’iceberg del suo fallimento.

Non voglio nemmeno parlare di dolo o di colpe personali gravi, che si potranno analizzare in futuro (l’ex presidente Formigoni condannato con sentenza definitiva proprio per corruzione legata alla sanità), ora è macroscopica la questione delle competenze: chi deve decidere e su che cosa e in quale momento. Una vera tragedia, soprattutto quando occorre rapidità. Per cui credo che in Lombardia negli ultimi mesi ci siano state sì delle negligenze, ma all’interno di un assetto istituzionale che non funziona e dovrà essere assolutamente rivisto.

Avvicinandoci ancora di più, sul piano personale, tu come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini e le tue relazioni?
Franco Buffoni ad una lettura

Al di là delle preoccupazioni per amici e parenti, qui a Roma mi sento un privilegiato, perché, facendo lo scrittore, la mia vita non è cambiata molto. Lavoro sempre al computer fino alle tre, le quattro del pomeriggio e continuo a farlo. Sto scrivendo due libri contemporaneamente.

E’ poi nella seconda metà della giornata che mi manca quella passeggiata – la chiamavo la mia ora d’aria – qui sopra, a Villa Borghese. Mi lavo sempre al pomeriggio quando torno dalla passeggiata, mai al mattino per non interrompere il flusso creativo della coscienza. La scrittura mi viene più fluida se non mangio e non mi lavo, trascorrendo dal sonno alla scrittura. Dopo preparo la cena e magari la sera mi vedo un film. Mi manca solo lo spazio pomeridiano dell’uscita. Però di fronte a quello che sta succedendo e ai trentamila morti, sarei ridicolo se mi lamentassi.

Oltre alla fortuna di poter lavorare a casa e quindi di mantenere abbastanza intatta la tua routine, hai quella vivere in centro a Roma, nel cuore di una delle città più belle del mondo, a cui hai dedicato anche una raccolta di poesie qualche anno fa. Nelle tue brevi uscite per le piccole incombenze quotidiane, com’è Roma svuotata dai turisti e dallo shopping? Come ti appare la città in una veste così insolita?
Franco Buffoni

Riprendo una tua affermazione: Roma è la città più bella del Mondo. Sono terribilmente felice di abitare al centro di Roma. Purtroppo in questi mesi non posso godermela come nei vent’anni precedenti. Uscire in via del Corso e vederla deserta, con il solo passaggio delle auto della polizia, è soffocante. Dà l’idea proprio dello Stato di Polizia. D’altro canto – abitando a duecento metri da Palazzo Chigi – è più che comprensibile.

Ma ci si adatta a tutto, per esempio ho fraternizzato con la farmacista Ilaria, tutti i giorni passo a salutarla, chiacchieriamo un po’, rigorosamente mascherinati. Chiacchiero anche un po’ in spagnolo col mio portinaio peruviano Gabino – che a Roma si chiama portiere – e in inglese con un pakistano che ha un negozietto di alimentari qui vicino, dove compero le cose essenziali. Si creano nuovi rapporti umani… Cerco di vivere – e, per quanto posso, di far vivere – con leggerezza la situazione.

Nella paziente convinzione che per me – anziano e con patologie pregresse – anche quando riprenderà un tran tran “normale”, non cambierà nulla. Anzi diventerà tutto più pericoloso: adesso quando esco trovo la strada deserta, ma quando ci sarà più gente in giro, il tasso di rischio per me aumenterà sensibilmente. Se si infetta un giovane, ha buone probabilità di guarire dopo una settimana di influenza; se capita a me, ci lascio le penne. So bene che, fino a quando non ci sarà il vaccino, dovrò continuare a condurre una vita da semi-recluso. Fortunatamente ho un sistema nervoso ben temprato: mi sto attrezzando mentalmente ad andare avanti così, almeno fino all’autunno.

A quali progetti di studio, di lavoro, di scrittura stai lavorando in questo periodo?

Sto lavorando a due libri completamente diversi. Il primo è un libro di poesia, da cui ho bandito completamente il sentimento. Cosa molto difficile per me che sono un poeta lirico. Il titolo provvisorio è “Poesie scientifiche”: cerco di collegare il concetto di “microbiologia” al concetto di “astrofisica”. Poi il sentimento salta fuori lo stesso: anche dalla poesia che ho appena letto credo che un poco si colga. Però ho voluto bandire ogni sentimentalismo.

Inoltre sto allestendo in volume una scelta di interviste avvenute tra 1990 e il 2020, suddivise cronologicamente per decennio e per argomento, in modo che emerga un discorso organico, rispettando i singoli intervistatori e le peculiarità delle loro testate, ma anche rendendo consequenziali le risposte.

Ma per maggio non era già stata annunciata l’uscita di “Silvia è un anagramma”?

Sì, era stata programmata in concomitanza con la stagione dei Pride e, si sperava, con l’approvazione alla Camera della legge contro l’omofobia. Ma l’editore Marcos y Marcos ha rimandato all’autunno, per il momento.

Perché quel titolo?

Il riferimento diretto è all’omosessualità di Leopardi, ma sono in gioco anche altri autori…

A proposito di poesia e scienza. Tu sei un letterato impegnato sul piano civile e in questo ruolo hai sempre sottolineato l’importanza del primato della Scienza e della ricerca per il progresso sociale e civile. Questo elemento oggi emerge con forza di fronte alla situazione sanitaria che stiamo vivendo. Quale può essere il rapporto ottimale tra scienza, politica e democrazia?
Franco Buffoni con una sua opera pittorica giovanile

Questa situazione ci sta facendo sempre di più capire l’importanza delle competenze specifiche. Un elemento che nel decennio scorso è stato spesso vilipeso e irriso. Non vorrei adesso aprire una polemica politica, però, va da sé che c’è stato molto dilettantismo deteriore, nella convinzione che chiunque potesse svolgere qualunque ruolo.

Oggi ci si rende conto che non è così, e questo ci sta dando una severa lezione. Dobbiamo rifarci a persone competenti, che hanno studiato per decenni le materie, e però anche mettere a confronto le loro opinioni, che a volte sono divergenti, perché la scienza procede in modo empirico, non c’è mai una risposta definitiva e monolitica. Non esiste l’Ipse dixit in campo scientifico, esiste un continuo processo di ricerca, di verifica dei dati, di prova e controprova e poi la messa in discussione costante dei risultati raggiunti.

Forse finalmente gli italiani cominciano a imparare come funziona il metodo scientifico. E anche che esiste un mondo che non possono vedere, quello della microbiologia: l’infinitamente piccolo. Magari da contrapporre a quello dell’infinitamente grande: dell’astrofisica. Per gente abituata a Padre Pio nel portafoglio insieme al Gratta e Vinci, potrebbe essere un’occasione di maturazione.

Quindi dalla scienza desumiamo: niente Ipse dixit, ma autorevolezza delle competenze. Niente verità assolute ma confronto delle posizioni basate su dati di realtà e non su pregiudizi o prese di posizione ideologiche. Che tipo di rapporto c’è tra scienza, politica e democrazia?

La scienza può dare alla politica tutte le indicazioni che in quel momento appaiono grazie alle evidenze empiriche. Poi la politica deve considerare questo ammontare di conoscenze alla luce anche d’altri elementi: sociali, lavorativi, economici. E saper trarre la sintesi all’interno dei meccanismi di uno stato di diritto, che in primis deve sapere tenere indipendenti e sovrani esecutivo, legislativo e giudiziario. Non è facile. E in una situazione come la nostra, che non era florida neanche in precedenza, occorreranno autorevolezza e rigore e una classe poltica adeguata e all’altezza. Il conflitto Stato/Regioni di cui parlavo prima, per come è apparso nelle ultime settimane, si pone proprio sul piano opposto.

La nostra classe politica ti sembra adeguata e all’altezza?

Assolutamente no. Ma è un vecchio discorso che non appartiene solo agli ultimi anni. La classe politica non è adeguata culturalmente, e le radici di questa inadeguatezza risalgono a come venne impostata l’istruzione in Italia nel Novecento: su basi totalmente a-scientifiche. Non mi riferisco solo a Giovanni Gentile, completamente compromesso col fascismo, ma anche a Benedetto Croce, che era un liberale e divenne Ministro della Pubblica Istruzione negli anni ‘50.

Se guardiamo i programmi della Scuola Media da lui allestiti, scopriamo che a fronte di sei ore di latino settimanali non era prevista neanche un’ora di Scienze. Ciò facilitò la crescita d’una classe politica totalmente forgiata sulle ideologie. Siamo andati avanti così per decenni, con laureati in legge totalmente ignoranti del fatto scientifico e del metodo scientifico. Nella convinzione che il mondo umanistico dovesse avere l’assoluta prevalenza, e che il fatto scientifico fosse irrilevante e riguardasse solo la tecnica. In seguito le cose sono solo peggiorate, fino all’elogio dell’ignoranza al potere.

Parliamo di scuola. Con le classi di ogni ordine dall’infanzia all’università chiuse, e l’irrompere della didattica a distanza. Sorte per altro condivisa dalle tante lavoratrici e lavoratori in smart working. Come sta funzionando?
Franco Buffoni parla di Mario Mieli nel corso di un evento alla Sapienza di Roma (2013)

Persino durante la guerra le scuole funzionarono: semplicemente non si tennero gli esami di maturità: dal ‘41 al ‘45 si passò per scrutinio. L’anno prossimo gli insegnanti dovranno praticamente rifare il secondo quadrimestre di quest’anno. Gli unici a tirare davvero il fiato in questi mesi sono stati gli allievi soggetti ad atti bullismo.

Sulla didattica a distanza dividerei l’utenza in due ambiti: dalle elementari alle medie superiori c’è comunque bisogno del contatto diretto con l’insegnante. La relazione educativa è anche psicologica e non si può pensare di poter trasmettere solo dei contenuti. Per gli universitari invece, in particolare per la laurea specialistica e i dottorandi ciò è possibile. Per una lezione di filologia romanza o di patologia il docente può anche essere a schermo.

Lo stesso dicasi per lo smart working, che in Italia era poco praticato. Se ne scopre l’abbattimento dei costi e dei tempi di trasporto. Questi mesi di forzata presenza a schermo degli studenti adulti e dei lavoratori da scrivania, insomma, mi sembra che stiano cambiando inveterate abitudini. D’altro canto le emergenze sono sempre servite almeno a questo. Nei cinque anni della seconda guerra mondiale l’industria aeronautica fece progressi che in tempo di pace avrebbe compiuto in trent’anni.

Parliamo di comunità Lgbt+. Il virus e le misure introdotte di limitazione della mobilità e del contratto sociale hanno avuto un impatto devastante su spazi di aggregazione e associazioni, serate, locali, presentazioni, eventi. In definitiva, sulla vita di persone che compongono una minoranza…

Una minoranza che in Italia non ha ancora ottenuto i diritti fondamentali che le spettano. Dei famosi tre punti – matrimonio per tutti con step-adoption, procreazione assistita, legge contro l’omofobia – siamo riusciti ad ottenere soltanto una parte del primo punto. Questa situazione ci rende ancora più fragili. Non voglio pensare a ciò che accadrà se alle politiche del 2023 dovessero vincere queste destre paleozoiche che ci ritroviamo. Queste destre che paiono pascersi e godere soltanto della loro atavica e pregiudiziale ignoranza.

In questo quadro la situazione del Movimento Lgbt+ italiano è ben più precaria di quanto non sia in Francia, Spagna o Germania. Il fatto di non poter più incontrare le persone ha sclerotizzato le relazioni: è come se tutti fossimo rimasti incollati al muro nel momento della chiusura. Tutti indistintamente, ma le persone Lgbt+ ne risentono maggiormente: sono più fragili, essendo per definizione meno garantite, come s’è visto colla questione dei “congiunti”. Sappiamo bene l’importanza che i luoghi di aggregazione hanno per questo segmento di società!

Per questo mi auguro che le persone imparino a leggere dei libri e imparino a vedere dei film, anche se a casa da soli: libri e film che si possono procurare online. Affinché questa pausa serva anche a maturare.

Sul piano generale, invece, quali prospettive politiche, sociali e economiche abbiamo davanti?

Dipende molto da come reagirà l’Europa. Se l’Europa riuscirà davvero a fare un passo avanti nell’ottica dell’Unione monetaria ed economica, che poi alla fine significa anche condivisione del debito, la crisi non sarà stata inutile. Se prevarranno gli egoismi nazionalistici, lo scenario si farà pessimo.

Mi auguro che questa situazione possa permettere di intraprendere la via verso una responsabilità collettiva per quanto riguarda l’economia, la difesa (l’esercito europeo), la politica estera, eccetera. L’uscita dell’Inghilterra dovrebbe favorire questo processo. Se invece dovessero prevalere gli egoismi nordeuropei, per l’Italia saranno tempi davvero duri, ma il nostro disastro si rifletterà anche su di loro. Spero nel buon senso di tutti. Nessuno può avere davvero interesse a mandare a picco l’Italia – e di conseguenza la Spagna, la Grecia, il Portogallo, e persino la Francia.

Per concludere tornando alle questioni della battaglia per i diritti, ma più ampiamente per la liberazione sessuale e tutte le lotte femministe e della comunità Lgbtqi+, quali prospettive vedi? Quali i rischi, quale possibilità, quali sfide vedi all’orizzonte?

Abbiamo alcune scadenze importanti. In novembre ci sarà l’elezione del nuovo Presidente americano. Se dovesse essere eletto Biden, negli Stati Uniti cambieranno molte cose anche sul piano dei diritti Lgbt+. Verrà una politica alla Obama sul piano dei diritti civili e ci sarà una ricaduta positiva anche sull’Europa. Se dovesse essere confermato Trump, invece, tutto questo si risolverà in negativo.

I paesi europei che già posseggono una legislazione favorevole alle persone Lgbt+ probabilmente non regrediranno sul piano dei diritti, mentre un Paese come l’Italia, che è appena all’inizio del processo di acquisizione di diritti, potrebbe avere una battuta d’arresto. E prima ho detto le elezioni del 2023, perché non voglio nemmeno pensare che si possa andare ad elezioni anticipate, e che una maggioranza di destra possa eleggere il nuovo Presidente della Repubblica nel 2022. Se dovessero aprirsi questi scenari, il movimento Lgbt+ avrebbe ancor più a soffrire.

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Alex Marte, il porno al tempo del cornavirus https://www.altrestorie.net/2020/05/14/alex-marte-porno-tempo-cornavirus/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=alex-marte-porno-tempo-cornavirus Thu, 14 May 2020 04:00:00 +0000 https://www.altrestorie.net/?p=656 Il noto porno attore gay italiano sorprende parlando del suo nuovo amore e delle relazioni. Il porno, come tutti i settori dell'entertainment, va ripensato

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Il noto porno attore gay italiano sorprende parlando del suo nuovo amore e delle relazioni. Il porno, come tutti i settori dell’entertainment, va ripensato

AltreStorie oggi ha voluto sentire Alex Marte, attore porno gay italiano tra i più conosciuti e premiati anche a livello internazionale. Performer, spogliarellista, gogo boy, personal trainer, Alex Marte, ha fatto della sua fisicità prorompente il suo lavoro, collaborando negli anni con i principali club ed eventi Lgbtqi europei e asiatici. Nel nostro Paese ha prestato la sua immagine alla campagna del EuroPride Roma 2011 e ha spesso collaborato con Muccassassina e il Circolo Mario Mieli.

Da poco vive a Barcellona, dove, come in Italia, è stato fermato dal lockdown e dove lo abbiamo raggiunto.

Modello, personal trainer, gogo boy ma soprattutto uno dei porno attori gay italiani più amati e premiati. Un mondo su cui spesso aleggiano tabù e pregiudizi. Ci racconti come si svolge il tuo lavoro e se le tue attività ti hanno mai provocato discriminazioni o episodi sgradevoli?

Personalmente, non ho mai vissuto episodi di discriminazione o di omofobia, in nessuno degli ambiti in cui mi sono ritrovato a lavorare, forse anche per merito della mia stazza. Il mio lavoro è sempre stato incentrato sul mio corpo. Sono tutte tipologie di professioni che elevano il culto della bellezza e della perfezione fisica a “professionalità”. Chi guarda, solitamente, ammira chi fa tutto ciò… Fino ad estremizzare l’idea di uomo desiderabile, nel porno.

Nella vita di tutti i giorni è capitato che qualcuno mi desse del “bellone”, vuoto e senza intelligenza, perché invece di studiare per specializzarmi in una professione, ho scelto la via facile dell’uso del mio corpo. Ma ti assicuro che per essere un personaggio bisogna studiare, e anche tanto, il movimento del corpo, della voce, l’uso dello sguardo e del portamento per arrivare agli altri.

L’ultimo lavoro mi vede protagonista di un video musicale di una famosa pop star bulgara girato nella Hollywood europea degli studi Boyana in Bulgaria, dove vengono girati tutti i film più famosi al mondo.

Alex Marte, 40 anni, milanese di origini pugliesi, vive da poco a Barcellona.
Performer, spogliarellista, personale trainer è soprattutto uno dei più cnosciuti e premiati porno attori italiani nel mondo.
nel 2011 ha prestato la sua immagine all’EuroPride di Roma e negli hanni si è esibito in alcuni tra i più foamosi eventi e club Lgbtqi europei ed asiatici. In Italia ha collaborato con Muccassassina e col Circolo Mario Mieli.

Secondo te in generale che rapporto ha la comunità Lgbtqi con la pornografia? Può avere la pornografia un ruolo di liberazione sessuale, scoperta e accettazione dei propri desideri e della propria sessualità? E tu che rapporto hai con i tuoi ammiratori?

Ho sempre avuto un rapporto di “normalità” con la mia professione nel porno e tutto questo ho cercato di trasmetterlo nelle persone. Solo una volta, sono stato insultato per la mia professione, proprio da un’esponente politico che organizza serate Lgbt. Ho fatto scivolare tutto via, anche grazie alle persone intorno che mi hanno sostenuto. Essere insultato in pubblico è davvero pesante, da chi dovrebbe difenderci e promuovere i nostri diritti, invece li usa per tornaconto personale ed economico attraverso i media, ma dal vivo è tutt’altra storia.

Sono un attore che sul set crea un mondo fantastico e ideale, dove si realizzano per incanto sogni, fantasie e desideri; senza freni e senza pudore, nel pieno rispetto dell’altro, sempre.

I fan hanno sempre visto questa normalità e questa naturalezza in me, anche negli incontri live, nelle ospitate nei locali, e per questo non mi hanno fatto vivere come “sporco” questo mestiere, e non lo hanno vissuto come momento proibizionistico, ma come proiezione in me dei loro sogni segreti. Un rapporto di complicità direi.

In questo momento a causa del covid e delle misure di distanziamento e prevenzione assunte, tutto il mondo dello spettacolo, delle serate, dello sport e anche le produzioni cinematografiche si sono dovute fermare. Come stai facendo fronte alla situazione? Che impatti ci sono stati per il mondo del porno, che pure con milioni di persone in Italia e nel mondo costrette in più o meno prolungati isolamenti domestici, immaginiamo possa ricevere traffico superiore alla norma?
Alex Marte per l’EuroPride Roma 2011

Il primo imperativo in questo periodo è stato preservare la nostra salute. Il mondo dell’entertainment in generale ne sta soffrendo in tutte le sue categorie. Gli operatori del settore, e anche io stesso, viviamo in attesa di riprendere il contatto con il pubblico, che è l’unico start che accende i motori della nostra professione. Abbiamo rotto tutti i nostri salvadanai… Adesso speriamo di riprendere il ritmo normale o presto si toccherà davvero un fondo difficile da allontanare.

Il porno da sempre è lo stimolo all’autoerotismo, al rapporto con sé stessi. In questo periodo arrivano messaggi e richieste di video privati per cmbattere la noia. Personalmente non ho aderito a questa linea di azione. Con il proliferare di profili amatoriali onlyfans, dove il ragazzo comune
condivide la sua intimità a pagamento, il settore professionale ne soffre molto… è l’evoluzione ai tempi dei social.

Sul piano più personale come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati oltre al tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Pieno rispetto delle regole e cambio assoluto dello stile di vita. Personalmente sono stato travolto dai cambiamenti. Trasferito da poco a Barcellona, nel clou del periodo di adattamento e conoscenza dei luoghi e delle persone, mi sono ritrovato rinchiuso in casa, con unica ancora di
salvezza il dialogo cam/telefono con amici sparsi per il mondo e con il mio nuovo amore, una persona fantastica, che vive a New York, ed è un artista della fotografia, Nicholas Joseph Contrera.

Nicolas Contrera, il fotografo compagno di Alex a lavoro con Amanda Lepore

Un rapporto che è cresciuto molto nel dialogo e nella condivisione di passioni comuni . Vengo da una relazione che è stata “malata” da un certo punto in poi e mi ha prosciugato energia vitale.

Questa nuova relazione, anche se ha visto l’inizio in quarantena mi sta portando energia nuova. Il contatto e la condivisione della giornata, sempre uguale a se stessa, mi ha aiutato molto.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Con che conseguenze per la comunità? Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?
Alex Marte e il suo cucciolo

Credo che il discorso sia planetario, universale. Tutti i luoghi di aggregazione e che creano business a tutti i livelli, sono da reinventare, da riazzerare e riprogettare. Tutto sarà in stand-by per un bel po’. Ma in questo essere in pausa, si creano nuovi modi di portare i vari prodotti culturali alle
persone.

Anche la musica dei club è arrivata in casa a tutti noi ( vedi il prodotto Muccassassina LockDown, Papa Party, Gate e via discorrendo) Dovremo essere più creativi di questo virus per ridiffondere socialità e cultura.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Non sono molto bravo nelle analisi socio-politiche. Certo è che chi ci guida e governa sia a livello locale che a livello globale dovrà mettere da parte le faide interne, e il tornaconto personale per pensare al bene comune. Molto spesso chi ha il potere lavora a vantaggio di poche nicchie mentre il resto del mon spesso si deve adeguare.

La sfida più grande? Riprenderci il nostro mondo e i nostri spazi. In questo non mi fido molto della classe politica, preferisco affidarmi alle sapienti mani “fantasiose” di un pornoattore che alle menti “farneticanti” di un politicante.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

La liberazione sessuale oggi passa attraverso la “normalità“, non i gesti plateali e scandalistici. In questo clima di allontanamento sociale avremo essere bravi a dimostrare che i diritti che richiediamo e che ci permettono di vivere il nostro lato affettivo non si riducono al libertinaggio sessuale che spesso alimenta tutti i pregiudizi della società che ci disegna come persone aberranti.

Siamo uomini che amano e che si prendono cura del proprio nucleo sociale, anche se non è la famiglia tradizionale.

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Elia, l’autocertificazione per tante persone trans è stato outing forzato https://www.altrestorie.net/2020/05/13/elia-autocertificazione-persone-trans-outing-forzato/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=elia-autocertificazione-persone-trans-outing-forzato Wed, 13 May 2020 04:00:00 +0000 https://www.altrestorie.net/?p=645 Rischio di outing, paura per i continui controlli della polizia, difficoltà nel ricevere le cure necessarie e nel reperire gli ormoni aggravati dal lockdown

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Rischio di outing, paura per i continui controlli della polizia, difficoltà nel ricevere le cure necessarie e nel reperire gli ormoni aggravati dal lockdown

Oggi con AltreStorie abbiamo sentito Elia Bonci, giovane studente di lettere e filosofia alla Sapienza di Roma e scrittore che ha fatto del suo percorso di transizione un’occasione di riflessione su stereotipi e omotrasfobia trafodmarndo le personali discriminazioni subite in un progetto che, prima dell’esplosione dell’epidemia, portava in giro nelle scuole.

Ma neanche la loro chiusura e la perdita del lavoro lo hanno fatto arrendere, continuando il suo impegno sul web e attraverso la sua seguita pagina instagram, dove da tempo racconta la sua transizione, offrendo il suo supporto a chi sta vivendo la stessa esperienza.

Come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Non sto vivendo molto bene questo periodo di quarantena. Sto trovando molte difficoltà sopratutto per il mio percorso di transizione, dal momento in cui sono state sospese tutte le prestazioni mediche non ritenute urgenti e tutti i consulti psicologici.

Ho trovato difficoltà a reperire i miei medicinali e non ho avuto il supporto psicologico di cui avrei avuto bisogno. (Io e tutti i ragazzi e le ragazze nella mia situazione). Oltre a questo ho anche perso il lavoro.

Elia Bonci

Elia Bonci, 24 anni, vive in provincia di Roma e studio lettere e filosofia alla Sapienza di Roma.
Ha deciso di traformare la sua difficile esperienza e il suo percorso di transizione in motivo di impegno e di ispirazione.
Autore de “Diphylleia – solo l’amore può distruggere l’omofobia” (Caravaggio editore) e di un progetto contro omofobia e tranfobia che porta nelle scuole, racconta il suo percorso di transizione attraverso la sua seguitissima pagina Instagram.

Tu sei una persona in transizione, che come moltissime, non ha (ancora) adeguato i documenti alla sua identità sociale. Quali difficoltà aggiuntive comporta questa condizione nella vita quotidiana, in particolare con le attuali limitazioni degli spostamenti?

Non aver potuto fare il cambio dei documenti è come non esistere per certi versi. Sono invisibile e vivo sempre una condizione di ansia a disagio. Ho difficoltà a trovare un lavoro ma anche semplicemente a prendere un treno o un aereo.  È successo anche che a causa di questo io sia stato rifiutato in alcuni posti di lavoro.

Le limitazioni aggiuntive per il COVID-19 hanno aumentato questi disagi. Compilare le autocertificazioni è stato sia umiliante dal punto di vista personale che frustante, sono stato sempre con la paura di essere fermato e dover stare a spiegare tutta la mai vita a qualcuno che probabilmente non era informato sul mondo trans.

Oltre a questo le autocertificazioni hanno costretto me e molti altri ragazzi trans ad un outing forzato.

A causa delle limitazioni degli spostamenti e la chiusura di scuole, e luoghi aperti al pubblico i social stanno rivestendo un ruolo molto importante in questo momento. Ci parli dei progetti che stavi portando avanti con i tuoi libri e attraverso Instagram e come sono cambiati in questa fase?
Performance di Elia Bonci

Il Covid-19 ha bloccato tutti i miei progetti, quindi sto cercando di portarli sui social, ma ovviamente non è lo stesso. Porto avanti un progetto contro omofobia e transfobia che avrei dovuto portare nelle scuole qualche giorno dopo che è stato chiuso tutto. 

Il progetto si chiama “Amore in Movimento” e ha lo scopo di educare i ragazzi all’amore verso se stessi e verso gli altri. 

Racconto un grave atto di transfobia che ho subito anni fa e spiego ai ragazzi come questa mostruosità terrestre si possa combattere con l’amore e con l’educazione e lo faccio tramite varia attività a cui i ragazzi partecipano attivamente (per questo amore in movimento!) 

Racconto che io ho superato le bruttezze di quei giorni con i miei libri (Diphylleia – solo l’amore può distruggere l’omofobia) e spiego loco che possono farcela e che devono reagire a tutto questo. 

Ho già presentato il progetto in varie città, come Latina, Eboli, Torino e Lucca.

Quali sono secondo te oggi le priorità per le persone transgender nel nostro Paese?
Performance di Elia Bonci

Sicuramente un cambio di documenti più repentino e immediato, che non lasci tutti noi ragazzi in uno stato di invisibilità per qualche anno. Credo ci sia l’esigenza di snelllire burocraticamente le pratiche e darci immediatamente i documenti che ci spettano. Non sono gli ormoni o le operazioni a renderci quello che siamo. Abbiamo bisogno anche di una legge che ci tuteli sul lavoro e ci permetta di essere assunti anche prima del cambio documenti.

Ritengo importante anche che venga chiarita la questione sui farmaci a base di testosterone e sulla loro reperibilità. Spesso i ragazzi si trovano costretti a cambiare terapia poiché i farmaci di cui hanno bisogno non sono reperibili o sono fuori produzione. Io sono in terapia da sei mesi e ho cambiato farmaco già 4 volte. Non è accettabile.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

Il blocco totale degli spazi di aggregazione per le persone Lgbtq+ è stata una botta molto dura per la comunità. Moltissimi ragazzi si sono ritrovati soli, costretti a violenza continua tra le mura domestiche.

Prima del lockdown sarei dovuto andare a portare i miei progetti a Napoli, Siena, Torino e molte altre città. Nonostante questo stiamo rimandando attivi sui social e già ci stiamo organizzando per il dopo. Sicuramente andrò ad Ischia e a Bergamo.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Non credo sarà un periodo facile, sopratutto per le minoranze. Come ben sappiamo spesso per il bene comune, come dicono, si sacrificano diritti ed esigenze dei più deboli o delle piccole comunità. Ci sarà una grande crisi e servirà la mobilitazione di tutti per ripartire. Con amarezza e dispiacere ho sentito molte persone intorno a me inneggiare a un ritorno della destra storica per far ripartire il Paese.

Spero soltanto che queste rimangano mere dicerie e nulla più. Sto vedendo cosa sta succedendo intorno a me alla comunità Lgbtq+ e non solo quando sale al governo un estremista e non vorrei succedesse anche qui. 

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

Credo che siamo ad un buon punto, anche se ritengo ci sia ancora tantissima strada da fare. Sono molto attivo sui social e ho creato uno spazio dove i ragazzi (soprattutto giovanissimi) possono confrontarsi e sfogarsi e ho notato che siamo una grandissima comunità. Dobbiamo continuare a lottare, sempre con amore, e cercare di educare gli altri al  nostro mondo e al rispetto della diversità.

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Tiziana Biondi, La lotta per i diritti oggi più urgente che mai https://www.altrestorie.net/2020/05/07/tiziana-biondi-la-lotta-per-i-diritti-oggi-piu-urgente-che-mai/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=tiziana-biondi-la-lotta-per-i-diritti-oggi-piu-urgente-che-mai Thu, 07 May 2020 04:00:00 +0000 https://www.altrestorie.net/?p=599 L'attivista di Stonewall Lgbt Siracusa oggi è impegnata con le altre associazioni del territorio per offrire aiuti alle persone in difficoltà per la crisi

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L’attivista di Stonewall Siracusa oggi è impegnata con le altre associazioni del territorio per offrire aiuti alle persone in difficoltà per la crisi

Oggi AltreStorie approda a Siracusa, dove abbiamo raggiunto l’infaticabile Tiziana Biondi, 47enne vicepresidente di Stonewall, di cui è stata fondatrice e presidente.

Ma il suo attivismo, come potrete leggere, non si ferma all’impegno nella comunità Lgbtqi+. Da sempre impegnata in Arci e Arciragazzi è stata tra le promotrici dell’evento nazionale Educare alle Differenze e dell’omonima associazione nata a livello nazionale proprio da quell’esperienza.

Per chi non la conoscesse ci parli di Stonewall, delle sue attività?

Stonewall, attualmente presieduta da Alessandro Bottaro, è un’associazione di volontariato, apolitica e apartitica, democratica e indipendente.

Sin dalla sua fondazione, avvenuta l’8 ottobre del 2008, ha sempre operato contro le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e di genere, cercando di rimuovere tutti gli ostacoli di ordine socio-culturale che da sempre limitano la libertà di gay, lesbiche, bisessuali e trans.

Oltre a organizzare e promuovere eventi formativi e culturali, l’associazione offre consulenza e supporto psicologico e legale alle persone Lgbtq+ e loro familiari e svolge attività formativa in collaborazione con istituti scolastici, enti pubblici e privati al fine di diffondere la cultura della pari dignità delle persone con differente orientamento sessuale e per prevenire e contrastare ogni forma di discriminazione e/o violenza.

Dal 2014 Stonewall è co organizzatrice e co-promotrice insieme alle associazioni SCOSSE di Roma, che lo ha ideato, e Il Progetto Alice di Bologna di Educare Alle Differenze – Giornate Nazionali per l’Educazione alle Differenze nelle Scuole di ogni ordine e grado.

Tiziana Biondi

Tiziana Biondi, classe ’73, agrigentina di nascita, siracusana d’adozione. Cofondatrice dell’associazione STONEWALL, di cui è stata presidente e oggi vice presidente.
Cresciuta a pane Arci e Arciagazzi, si definisce una donna, lesbica, femminista e un’attivista per i diritti civili e umani.
Dal 2005 follemente innamorata della sua Carmen con la quale si è unita civilmente il 23 dicembre del 2016.

A Stonewall come state affrontando l’epidemia di coronavirus e le misure conseguenti?

Durante questo periodo di distanziamento fisico obbligatorio (aborriamo l’espressione “distanziamento sociale“) l’associazione ha continuato a offrire alcuni dei servizi che normalmente offre:

  • Il telefono amico – per l’ascolto e il supporto delle persone LGBT+ e loro familiari.
  • La Psicologa Risponde – Una linea amica, un servizio e-mail gratuito di counseling on line, gestito da psicologi, psicoterapeuti e sessuologi, che collaborano con l’associazione, rivolto a tutte e tutti coloro che sentono il bisogno di un supporto, per aver subìto discriminazioni a scuola, in famiglia o sul posto di lavoro, per far fronte a problemi di coppia, per chiarire i propri dubbi o per affrontare momenti di solitudine e scoramento. Supporto, consulenza e sostegno psicologico e legale.
  • E infine Open Space LGBT+ – gruppo di counseling psicologico condotto, in modalità “on line”, dallo psicologo Andrea Malpasso e dalla psicologa e psicoterapeuta Emma Lo Magro.
Sei molto impegnata nelle iniziative sociali che affrontano la crisi generata dall’epidemia. Con che realtà vi state confrontando? Quali sono i principali problemi e bisogni che sono emersi nelle scorse settimane e che risposte avete messo in campo?
Tiziana Biondi, Stonewall Siracusa

Da quando è iniziata la pandemia, ho pensato che avrei potuto mettere a disposizione, anche di altre associazioni, le mie competenze e il mio tempo. Le emergenze nell’ emergenza sono state chiare sin da subito: povertà e solitudine. Tante le persone rimaste isolate dai loro affetti e dalla rete amicale che di fatto ne costituiva la loro “iperfamiglia”.

Attualmente collaboro con i meravigliosi volontari e volontarie delle associazioni “ASTREA in memoria di Stefano Biondo”, ARCI Siracusa e Zuimama Arciragazzi che stanno facendo un gran lavoro per far fronte ai bisogni di tante ciattadine e cittadini e tante famiglie che necessitano di alimenti e generi di prima necessità. Con loro abbiamo distribuito aiuti a tantissime persone che si sono trovate improvvisamente in difficoltà e che si vergognavano persino a chiedere.

Ho messo a disposizione anche le mie competenze sulla comunicazione coi social media per la ricerca di risorse economiche e per diffondere notizie e informazioni utili.

Insieme all’addetta stampa di Stonewall e ad alcune amiche abbiamo messo su anche una trasmissione che va in diretta ogni giorno dal nome che ne spiega la mission “CONNESSIONI SOLIDALI

Sul piano personale invece, come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?
L’unione civile di Tiziana Biondi (destra) e Carmen

Mi ritengo molto fortunata poiché sto condividendo la quarantena con la persona che amo che rappresenta il pilastro della mia esistenza e cioè mia moglie Carmen.

Ovviamente mi sento orfana dei miei affetti familiari (vedo mia madre, mia sorella e miei adorati nipoti solo tramite videochiamata) e della mia preziosa rete amicale che rappresenta per me una seconda grande e preziosa famiglia.

Dal punto di vista lavorativo le cose non vanno benissimo poiché sono disoccupata dal mese di marzo del 2019 e trovare una nuova occupazione in questo periodo è estremamente complicato. Ma chi mi conosce sa che sono una persona che non si scoraggia facilmente e pertanto sto impiegando il mio tempo a studiare e a frequentare dei corsi di formazione on line poiché spero di reinventarmi presto, lavorativamente parlando.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

A Siracusa, Stonewall insieme ad Arcigay Siracusa e ad altre associazioni cittadine aveva cominciato a lavorare al Pride 2020 e a tante altre iniziative che ha dovuto sospendere.

Saranno mesi complicati e di certo bisognerà attendere l’evolversi della situazione. Ma abbiamo già in mente di organizzare, non appena sarà possibile, degli eventi, sia all’aperto, garantendo norme e distanze di sicurezza e sia utilizzando la modalità “on line” . Penso faranno lo stesso le altre associazioni.

Molto più complessa è invece la situazione dei gestori dei locali o di serate lgbt+ che come tutti i piccoli e grandi imprenditori e i lavoratori di quasi tutti i settori si trovano in grande difficoltà.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?
Tiziana Biondi

Il futuro che ci aspetta di certo non sarà roseo, a livello economico e sociale, tanto c’è da fare e riscostruire e tanto c’era da fare e non è stato fatto. La rinascita sociale ed economica del nostro Paese dipende quasi totalmente da chi ci governa e dalla classe politica che si è mostrata fino ad oggi non molto preparata ad affrontare questa situazione.

C’è da lavorare molto alla sanità, il cui modello si è dimostrato essere fallimentare e inadeguato, e che dire del wellfare e delle politiche per il lavoro e per il sostegno alle famiglie ? Temo le risposte siano sotto gli occhi di tutte e tutti noi. In tutto questo c’è da vigilare per arginare la deriva populista, sovranista e nazionalista che costituiscono una minaccia alla democrazia e a quanto di buono c’è nel nostro Paese.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

La comunità Lgbtq+ e il mondo dell’associazionismo che si batte per i diritti civili e umani, si troverà ad affrontare un periodo ancora più complicato. Temo infatti che per tante forze politiche quella dei diritti delle persone Lgbtq+ non sia più una priorità, sebbene, sono sempre più convinta, che lo sia oggi ancor di più.

Non appena possibile dovremo scendere in piazza per chiedere a gran voce una legge contro l’omotransbifobia, l’inserimento all’interno della legge sull’unione civile, di una norma che riconosca la “step child adoption” o magari il matrimonio egualitario, affinchè, come più volte detto dal premier Conte, nessuno e nessuna resti indietro…

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Muzzetta, il Milano Pride sosterrà la ricostruzione https://www.altrestorie.net/2020/05/06/muzzetta-il-milano-pride-sosterra-la-ricostruzione/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=muzzetta-il-milano-pride-sosterra-la-ricostruzione Wed, 06 May 2020 04:00:00 +0000 https://www.altrestorie.net/?p=595 "Dobbiamo essere creativi e trovare nuove forme di mobilitazione". Il Milano Pride aderisce al Global Pride lanciato da EPOA, "ma non sarà solo virtuale"

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“Dobbiamo essere creativi e trovare nuove forme di mobilitazione”. Il Milano Pride aderisce al Global Pride lanciato da EPOA, “ma non sarà solo virtuale”

Il nostro viaggio nella comunità Lgbtqi+ ai tempi della pandemia oggi ci fa incontrare Roberto Muzzetta, imprenditore e attivista milanese, da anni una delle anime della commissione organizzatrice del Milano Pride, di cui è anc he stato coordinatore.

Oggi è anche esponente del direttivo di Arcigay Milano e della segreteria nazionale di Arcigay come resposabile delle relazioni internazionali. Ma presta anche cuore e voce al Checcoro, il coro Lgbtqi di Milano. Perché in Roberto l’impegno sociale si coniugano in modo raro con la grande capacità di visione e organizzativa e con un grande amore per l’arte e il bello. Caratteristiche che, come leggerete dalle sue parole, gli consentono di vedere sempre, nelle difficoltà e nei rischi anche i germi della rinascita e del cambiamento positivo.

Milano e la Lombardia sono state tra le zone più colpite dall’epidemia. Come hai vissuto questa esperienza? Come sta evolvendo adesso la situazione? Ci sono state delle particolari responsabilità politiche o altre condizioni che, secondo te, hanno contribuito a rendere la situazione lombarda così tanto più grave rispetto anche ad altre regioni vicine?

Ormai è accertato che alcune località della Lombardia sono state le prime ad essere colpite in Italia – e praticamente in Europa – con una epidemia silenziosa che si è insinuata negli ospedali infettando molte persone fragili e molti operatori sanitari.

Questa “sfortunata”circostanza può in parte spiegare la tragica situazione della mia regione. Tuttavia quello che è avvenuto dopo – gli oltre 13.000 morti ufficiali   – è in buona parte dovuto ad una risposta totalmente inadeguata e spesso esasperatamente politicizzata da parte della dirigenza lombarda. 

Roberto Muzzetta, 49 anni, imprenditore, di Milano dove vive, da molti anni fa parte della commissione organizzatrice del Milano Pride di cui è stato anche coordinatore, Componente del direttivo di Arcigay Milano e responsabile relazioni internazionali della segreteria di Arcigay nazionale.
Appassionato di arte, teatro, musica – canta nel Checcoro di Milano – e opera e grande intenditore di politica americana, convive col compagno e la cagnolina Minnie.

Sei impegnato nella segreteria nazionale di Arcigay. Come ha reagito a questa situazione inedita l’associazione?

Inizialmente vi è stato un momento di comprensivo spaesamento. Ci siamo domandati come si sarebbe evoluta la situazione e soprattutto cosa avremmo potuto fare. Quello che è stato, tuttavia, chiaro sin dall’inizio è che occorreva cercare – compatibilmente con la situazione – di dare continuità alla vita associativa e soprattutto di dare un segnale di vicinanza alle molte persone che nel contesto della quarantena avrebbero vissuto una condizione di particolare solitudine o addirittura di discriminazione e violenza.

In poche settimane sono nate molte iniziative locali  on-line che, unitamente alle iniziative della rete donne, rete giovani ed arcigay sport, hanno rappresentato il cuore di ONLIFE, la programmazione on-line delle nostre attività.

Da anni segui dall’interno l’organizzazione del Milano Pride. L’emergenza coronavirus ha ovviamente travolto l’organizzazione dei pride in tutto il Mondo. Molti sono stati annullati, altri rinviati sine die. InterPride ed Epoa hanno lanciato un giorno di mobilitazione virtuale. Cosa farete voi a Milano?

Come Milano Pride abbiamo aderito al GLOBAL PRIDE di INTERPRIDE ed EPOA – l’iniziativa di un pride virtuale che coinvolga tutti i pride del mondo. Con lo stesso spirito stiamo definendo come possiamo declinare anche localmente questa formula di virtual pride al fine di essere presenti anche quest’anno, in  modo diverso e alternativo.

Ma non sarà tutto virtuale. Stiamo pensando a qualcossa che, garantendo al massimo la sicurezza, secondo le regole del distanziamento fisico e delle misure di prevenzione più accurate, offra dei momenti di incontro e visibilità reali.

L’altro elemento a cui stiamo lavorando quest’anno è la solidarietà. Vogliamo usare la grande forza e capacità di mobilitazione attivazione del Milano Pride per raccogliere risorse e dare un contributo concredo alla ricostruzione sociale ed economica post covid.

Sul piano personale come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Personalmente questa quarantena è stata molto intensa e per certi versi impegnativa.  Passo almeno 10 ore al giorno tra email, video chat e telefonate.  Lo smartworking e gli impegni associativi hanno trovato nella quarantena la condizione ideale per dilagare nella mia vita personale.

Fortunatamente anche il mio compagno è molto preso con la finalizzazione della tesi di Master. Così ci sentiamo meno in colpa per non poterci dedicare più tempo.

Poco  prima della quarantena abbiamo adottato una cagnolina che ci tiene compagnia e ci costringe almeno due volte al giorno ad  interrompere le nostre attività per le sue legittime necessità fisiologiche.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

La partecipazione fisica, concreta e “reale” è una componente essenziale sia della socialità in generale che, specificamente, dell’attivismo del nostro movimento. Sia nella forma di una pubblica manifestazione, che in quella di somministrazione di servizi alla comunità.

Ritengo tuttavia che il  distanziamento sociale invece di creare uno stato diffuso di alienazione ed isolamento, abbia in alcuni casi generato forme innovative di socialità e di aggregazione che potranno in parte arricchire anche nei prossimi mesi le modalità di partecipazione politica e di socializzazione. Tutto questo tuttavia avrà pesanti ricadute economiche che colpiranno anche molte realtà vicine alla nostra comunità. 

Oltre che un attivista sei anche un imprenditore. Proprio dal mondo produttivo stanno venendo grandi pressioni per la riapertura e per accelerare le prossime fasi di ripartenza. Secondo te come si sta avviando in Italia la “Fase 2”? Stiamo avendo troppa fretta o stiamo andando troppo lenti? Cosa servirebbe per poter ripartire in sicurezza?

Il contemperamento fra la tutela del tessuto economico di un Paese e la tutela della salute dei propri cittadini costituisce  l’ineludibile rebus che tiene impegnati tutti i governi in questo momento. Mi sembra che nessuno abbia la soluzione e che comunque i tre criteri fondamentali intorno cui ruota la gestione della cosiddetta fase2 in praticamente tutti i paesi del mondo sia la gradualità dei provvedimenti, il rispetto responsabile di norme di distanziamento sociale. Inclusa l’imposizione alle attività produttive di chiari protocolli di igiene e sicurezza e il monitoraggio continuo della situazione. In assenza di questi presidi ogni scelta, sarebbe un salto nel buio.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

L’emergenza COVID potrebbe aggravare le ineguaglianze sociali, facendo emergere nuove marginalità e indurre sistemi con tendenze autoritarie a conculcare i diritti dei propri cittadini e le prerogative democratiche in nome della sicurezza.

Michelle Bachelet, l’alto commissariato per i diritti dell’uomo, ha recentemente dichiarato che fra le categorie che potrebbero soffrire di più delle negative ripercussioni socio-politiche dovute all’emergenza   COVID 19  vi siano proprio le persone LGBT*.

Mi concedo tuttavia la velleitaria speranza che nel medio periodo questa crisi possa costituire anche un’opportunità di immaginare forme più consapevoli e  sostenibili di sviluppo.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

In una situazione di emergenza sanitaria planetaria il rischio che la rivendicazione dei nostri diritti possa essere percepita come non essenziale è alta. Tuttavia sono  concreti anche i rischi citati dalla Bachelet per le persone LGBT* – basti vedere il caso Ungheria. La sfida è quella di tenere viva l’attenzione sulle nostre battaglia e sui principi a cui sono ispirate con determinazione, serietà e senso di responsabilità, come è avvenuto recentemente in relazione all’eccezione di  “congiunto” nella fase 2. Come Arcigay abbiamo ribadito l’importanza di andare oltre al vincolo di legame familistico  tradizionale per ricomprendere forme plurali  di affetti e di famiglia

In assenza di forme fisiche di mobilitazione e manifestazione che tradizionalmente hanno caratterizzato la nostra azione politica – basti pensare alla parata del pride –  dobbiamo essere creativi nel trovare forme alternative di mobilitazione e partecipazione. in questo la tecnologia e il consolidamento del rapporto con il  network internazionale delle associazioni lgbt* di cui arcigay fa parte possono rappresentare sicuramente dei punti di forza.

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Mauro Patti, svegliamo il movimento dall’assopimento https://www.altrestorie.net/2020/05/05/mauro-patti-svegliamo-movimento-assopimento/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=mauro-patti-svegliamo-movimento-assopimento Tue, 05 May 2020 04:00:00 +0000 https://www.altrestorie.net/?p=575 La partecipazione ritualistica ai pride non basta. Portiamo le istanze Lgbtq e di genere nel dibattito pubblico su lavoro, welfare, ambiente, scuola, sanità

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La partecipazione ritualistica ai pride non basta. Portiamo le istanze Lgbtq e di genere nel dibattito pubblico su lavoro, welfare, ambiente, scuola, sanità

Oggi abbiamo sentito Mauro Patti. Giovane attivsta impegnato da anni, nei movimenti studenteschi, antimafia Lgbtqi ha trasformato la sua passione per il sociale e lo scambio tra culture in professione occupandosi di programmi internazionali per la Fondazione Villa Maraini e in Croce Rossa.

Un’esperienza sul campo, a stretto contatto coi bisogni reali delle persone che rendono il suo messaggio per questa fase molto forte perché al tempo stesso radicale e concreto.

Da anni lavori con la Croce Rossa e la Fondazione Villa Maraini in prima linea in ambito umanitario, tra le tante attività ci sono quelle delle sue unità di strada al fianco delle persone più fragili e nella prevenzione dell’HIV. Com’è cambiata la vostra attività in epoca di coronavirus?

Lo stigma può uccidere più di un virus. Ogni anno, ad esempio, circa mezzo milione di persone muore a causa della droga in tutto il mondo. Anche questa è una pandemia permanente, per molti di serie B. La causa di tanta sofferenza è intensificata dalla violenza e discriminazione che queste persone subiscono ogni giorno. Per questo abbiamo mantenuto attivi tutti i servizi, riorganizzando il lavoro e mettendo in sicurezza la struttura.

Mauro Patti (di spalle) in attività di formazione

Offrire servizi sanitari e protezione sociale ai più vulnerabili, soprattutto in momenti così critici, è fondamentale per un’associazione umanitaria come la Croce Rossa a livello internazionale. Villa Maraini, la sua agenzia sulle tossicodipendenze e MST, è un’eccellenza mondiale per la cura dei tossicomani, che ha promosso per prima al mondo le strategie umanitarie di riduzione del danno e dei rischi da malattie infettive, esportando questo modello in tanti Paesi.

Nell’ambito della cooperazione internazionale, la pandemia da Covid-19, ha bloccato progetti in cui siamo impegnati da anni, come in Iran o in Kenya, dove c’è un gran bisogno di politiche umanitarie, misure alternative al carcere e assistenza sanitaria in quest’ambito.

Ridurre il danno significa evitare l’irreparabile. Salvare vite. Ora più che mai. Agganciare le persone per strada con le unità mobili significa dar loro l’opportunità di non infettarsi. Abbiamo deciso di sospendere la somministrazione dei test rapidi che fino a febbraio scorso ci ha consentito di avviare centinaia di positivi alle cure. Dagli anni ’90 ad oggi infatti, grazie alla riduzione del danno, la trasmissione delle Epatiti e Hiv tra i tossicomani è crollata di oltre il 60%, e solo su Roma, più di 2500 persone che, a causa dello stigma, la società avrebbe lasciato soccombere, sono state salvate da morte certa per overdose.

Mauro Patti

Mauro Patti, 33 anni, campano, dal 2005 vive a Roma, con alcuni intervalli di lavoro a Barcellona, Londra e Bruxelles. Lavora sui programmi internazionali della Fondazione Villa Maraini e della Croce Rossa e si occupa da anni di cooperazione internazionale, di progetti umanitari e sviluppo di campagne in ambito socio-sanitario operando in più di 20 paesi nel mondo. Ha militato nelle associazioni studentesche, antimafia e nel movimento Lgbtqi.

Quali sono le criticità che state riscontrando nella vostra attività sul territorio? Quali le difficoltà e i rischi per chi vive in strada, o in sistemazioni di fortuna, per le persone più povere e i/le sex workers?

Il lockdown non ha fermato la smercio di sostanze, né le richieste continue di aiuto. Per questo ci siamo attrezzati per assicurare in sicurezza, h24, tutti i nostri servizi in strada e in struttura. Gran parte dell’utenza, come i senza dimora e persone che si prostituiscono, sa cosa significa vivere in uno stato perenne di emergenza, quindi è più resiliente e ha saputo reagire forse meglio di noi tutti alle restrizioni e allo stato di angoscia. Ma il rischio per loro è alto. Mentre i carcerati che sono in misura alternativa presso la nostra struttura, abituati alla limitazione della libertà di movimento, non hanno avuto stravolgimenti, ciò che li preoccupa è la questione lavorativa delle rispettive famiglie e il loro futuro. Fortunatamente non ci sono stati casi di positività. Ciò che ci preoccupa è una diminuzione nel prossimo futuro di fondi nel sociale e sanità a favore dei più vulnerabili.

Sul piano personale invece come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Ho sempre avuto una vita frenetica, fatta di viaggi di lavoro e di piacere. Un’ipersocialità quasi patologica fatta di continui contatti umani nel corso di serate, eventi culturali e ricreativi, di incontri e fughe settimanali con il mio compagno che vive a Napoli. Queste rinunce sono difficili da gestire, non sono mancati momenti di inconsolabile timore sul futuro.

Nel frattempo non ho smesso di andare a lavoro e questo è stato per alcuni versi un vantaggio. I ritmi si sono rallentati, ho potuto leggere e studiare di più, cucinare e prendermi cura delle piccole cose ritrovando il “tempo perduto”. Non mi rassegno all’idea del distanziamento sociale, anzi meglio dire fisico, perché ci consente comunque di coltivare la nostra socialità e interessi. Magari è anche un’occasione per costruire qualcosa di buono e riattivare l’impegno sociale anche fuori dal lavoro. Come fanno centinaia di ragazzi con il banco alimentare per l’associazione Nonna Roma, con cui abbiamo distribuito 900 pacchi alimetari solo nello scorso weekend (ndr. dell’impegno di Nonna Roma ci ha parlato qualche settimana fa Filippo Riniolo).

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

Penso sia impossibile contenere ancora a lungo i bisogni affettivi, di contatto fisico, di abbracci, di socialità non virtuale. Contenere il bisogno di ascoltare della buona musica dal vivo o ballarla e basta. Ma la prospettiva è molto buia soprattutto per il mondo dell’intrattenimento dal vivo e dello spettacolo. Spero che le paura alimentate da tutto ciò che il virus sta cambiando delle nostre vite non passi invano, senza lasciarsi indietro un vero cambiamento. Il carattere sovraidentitario di questa crisi spero sia in grado di farci comprendere quanto siamo inesorabilmente connessi, nelle fragilità e nelle scelte individuali.

Una conseguenza grave di questa messa al bando degli spazi fisici, penso sia legata alla perdita della visibilità singola e collettiva della comunità rainbow. Condizione imprescindibile per l’emancipazione e orgoglio della comunità. Strumento importante anche a far sentire meno sole le persone che vivono in solitudine la loro condizione sessuale o di genere. Un giovane ragazzo pugliese ad esempio, esausto dei suoi genitori, ha contattato nelle ultime settimane decine di strutture che dispongono un servizio notturno, e si è imbattuto anche nella nostra. Su questo l’iniziativa della Casa Rifugio Lgbt della Croce Rossa è importante, ma molto limitata (Roma). Bisognerebbe averne 1000 di queste strutture in tutta Italia. Il nostro welfare passa anche da qua.

In questi giorni si parla di questa incerta fase 2. Per la tua esperienza cosa può essere utile per ripartire in sicurezza? Quali errori dovremmo evitare?
Mauro Patti

Spero che saremo tutt* in grado di comportarci con responsabilità come negli ultimi due mesi. Ciò che temo ora, oltre a un fisiologico aumento di contagi, è la sicurezza sociale e lavorativa di molti. Quando diciamo che #andràtuttobene, bisogna aggiungere la congiunzione “Se” come è emerso bene nella campagna de IlCorsaro.info. Perché se non estenderanno un reddito a chi non lo ha, se non smetteranno di licenziare, se non bloccheranno gli affitti, se non daranno fondi alla ricerca e alla scuola, se non regolarizzeranno i migranti, se non finanzieranno l’arte e lo spettacolo, se non faranno pagare a chi ha di più questa crisi, non ci sarà sicurezza né ripartenza possibile.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Anche se la pandemia ci ha fatto sentire tutti vulnerabili, sappiamo che le crisi portano a galla contraddizioni e fragilità, non solo dei sistemi economici, mettendo in risalto tutte le iniquità sulla distribuzione della ricchezza, ma anche quelle politiche e sociali che sfociano spesso in una lotta tra poveri.

Dopo l’ultima recessione economica abbiamo visto in Europa avanzare i populismi e il consenso delle destre, che hanno speculato sulle fragilità del sistema europeo, in cui in effetti è venuto meno lo spirito solidaristico e il fattore umano. E questo egoismo degli stati del Nord contro quelli del Sud sta venendo fuori oggi in tutto il suo clamore.

Ritengo sia inaccettabile che nel corso di una crisi, come in una guerra, i profitti dei pochi settori che lavorano non vengano socializzati mentre milioni di persone perdono il lavoro e non hanno di che mangiare. Non ci si può salvare da soli, magari a scapito degli altri. Bisogna porre le condizioni perché questa crisi non venga pagata ancora una volta dai soggetti più fragili, è l’occasione per farne una battaglia europea e non solo nazionale, per spostare ad es. il peso della fiscalità dal lavoro alle rendite/patrimoni. Reinvestendo i profitti di chi in questi mesi ha decuplicato le entrate per finanziare forme di reddito per i precari, disoccupati, studenti, donne, trans, gay, famiglie fragili: un welfare di autodeterminazione, uno strumento contro il ricatto della precarietà, della discriminazione, della violenza e dell’abuso di potere.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

Mi preoccupano sia le solite ghettizzazioni lobbistiche di alcune frange del movimento lgbtqi, sia l’assopimento che vive da alcuni anni il nostro movimento, che spesso si limita alla partecipazione ritualistica del pride, me in primis. Credo sia fondamentale animare un dibattito interno al movimento per riorganizzare le priorità e inserirci nel dibattito pubblico, assieme agli altri movimenti, per dire la nostra sui temi del lavoro, welfare, sanità, formazione, ambiente ed economia, e a tenere dentro tutte le istanze lgbtqi e di genere.

Quest’assopimento temo sia stato acuito dalla falsa percezione di aver raggiunto una certa libertà grazie al proliferarsi di serate friendly, delle app di incontro e dopo l’approvazione della Cirinnà, facendo venire meno la cultura dell’impegno e alimentando quella dello svago.

Ora però è tempo di i alzare i tacchi e ventaglio per dire la nostra in questa fase decisiva di mutazione. I rapporti di forza in una crisi così potente si acuiscono e proprio mentre la società si trasforma è necessario indicare come debba avvenire questa trasformazione, senza limitarsi a guardarci l’ombelico.

Bisogna porsi in un’ottica di superamento delle categorie: per un movimento di liberazione rainbow non basta essere della parrocchia, ora più che mai è necessario mettere in discussione un modello di società alternativo che tenga conto prima di tutto dei più fragili, umanizzando questa crisi costruendo sistemi di solidarietà, fratellanza e mutualismo. Altrimenti diventa una lobby economica e folkloristica fuori dalla storia e dalla realtà.

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Minerba, impariamo a fare lobby e vinceremo https://www.altrestorie.net/2020/05/04/minerba-impariamo-fare-lobby-vinceremo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=minerba-impariamo-fare-lobby-vinceremo Mon, 04 May 2020 04:00:00 +0000 https://www.altrestorie.net/?p=556 In passato abbiamo perso troppe occasioni - dice il fondatore dello storico festival Lgbtqi torinese - uniti, pur nelle nostre differenze, siamo imbattibili

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In passato abbiamo perso troppe occasioni – dice il fondatore dello storico festival Lgbtqi torinese – uniti, pur nelle nostre differenze, siamo imbattibili

Il coronavirus lo ha ferito ma non lo ha fermato. Per la prima volta nei suoi 35 anni di storia il Lovers Film Festival di Torino – il primo e più longevo festival Lgbtqi d’Europa – si è svolto in un’inedita edizione online, senza sala e senza pubblico dal vivo. Ma per una fortunata intuizione della sua nuova direttrice artistica Vladimir Luxuria ha mantenuto una programmazione online nei 4 giorni del suo calendario previsto che si chiude proprio oggi.

E allora proprio oggi col nostro progetto vogliamo dare spazio alle parole di Giovanni Minerba, che quel festival lo ha fondato, assieme al suo compagno Ottavio Mai nel 1986, e ha continuato a dirigerlo fino a pochi anni fa, conservando comunque un ruolo centrale ancora oggi in quello che grazie a lui è divetato uno degli appuntamenti culturali più importanti di Torino a livello internazionale.

Stai per lasciare Torino, dove 35 anni fa assieme al tuo compagno Ottavio Mai, hai dato vita al Torino GLBT Film Festival – Da Sodoma a Hollywood (Oggi Lovers Film Festival), per tornare a vivere nel tuo Salento. Come sarà questo ritorno?

Ovviamente è stata una decisione combattuta per tanti motivi. Già da qualche anno almeno 4/5 mesi li passo in Salento, dove con il mio compagno Damiano Andresano da circa quindici anni gestiamo una struttura ricettiva per l’estate. Negli ultimi anni tante cose sono cambiate per giustificare la mia presenza a Torino a partire dal mio “allontanamento” dal Festival.

Pensare di ritornare al Sud, la mia amata terra, è stato anche semplice, perché dovendo gestire la struttura Damiano era già residente in Salento, e quando, dopo 27 anni di convivenza, abbiamo deciso di fare l’Unione Civile, anche io ho dovuto fissare lì la mia residenza. Ma a parte questo il nostro rapporto con la comunità salentina è sempre stato eccellente, e anche il mio essere “conosciuto” è stato determinante. Come saprai, la nostra Unione è stato un evento pubblico, celebrato nel piccolo anfiteatro del mio paese natale (Aradeo) con migliaia di partecipanti. Questo ha consacrato la bellezza della nostra convivenza con la comunità.

Poi noi abbiamo un costruttivo e creativo rapporto con la realtà Lgbtqi salentina e questo sarà molto stimolante per la nuova vita di un “diversamente vecchietto” come me.

Ma Torino sarà comunque sempre la mia città. Ci sono “cresciuto” e ci ho vissuto 47 anni, mi ha dato tanto e la ringrazierò sempre. Ma soprattutto a Torino c’è Ottavio e una via dedicata a lui.

Giovanni Minerba, nato ad Aradeo (Lecce) nel 1951, vive a Torino dal 1972. È lì che nel 1977 incontra il suo compagno Ottavio Mai col quale dà avvio a un inossidabile legame artistico e sentimentale. Assieme autoproducono e girano diversi film, premiati in vari festivale e nel 1986 fodano
il Torino International GLBT Film Festival “Da Sodoma a Hollywood”.
Dopo la morte di Ottavio, Giovanni continua a girare film e a dirigere il “suo” festival initerrottamente fino al 2017 quando lascia il testimone.
Nel luglio 2019, con un evento pubblico di grande risonanza, si unisce civilmente con il compagno Damiano Andreasano nell’anfiteatro della sua Ardeo.
Oggi, dopo 48 anni di vita a Torino, Giovanni si appresta a rientrare definitivamente nel Salento dove col compagno gestisce un suggestivo Bed & Breakfast nel centro di Galatone (Lecce).

Parlando del Lovers Film Festival per la prima volta da quando è nato, a causa dell’emergenza coronavirus non si è potuto svolgere regolarmente con il pubblico e gli spettacoli dal vivo, ma si è scelto comunque di non fermarlo dando vita a un’inedita versione online dal 30 aprile al 4 maggio. Come vivi questa forzata distanza fisica col pubblico? Com’è nata l’idea e di cosa si tratta?

Come per tutti gli eventi che si sono trovati a dover affrontare questa situazione non è stato semplice. Saprai che da quest’anno a dirigere il festival c’è l’amica Vladimir Luxuria. Quando si è appurato che il festival non sarebbe stato possibile organizzarlo come è sempre stato, piuttosto che annullarlo, o quantomeno rimandarlo e basta, in attesa di capire cosa sarebbe successo, Vlady ha suggerito questo evento: nei giorni in cui doveva svolgersi, una rassegna online con film di autori italiani che erano stati programmati al festival nelle edizioni precedenti. Una scelta che mi è subito piaciuta anche perché io ho sempre voluto sostenere il cinema Lgbtqi di giovani e non autori italiani.

Certo che per me, ma non solo per me credo, tutto questo è molto strano. Incredibile. Sono certo che non sarò il solo a pensare con nostalgia a quello che si viveva durante il festival, le code dei sempre affezionati spettatori davanti al cinema, gli amici che arrivavano da fuori e che rivedevi dall’anno prima… Mamma mia che tristezza…

Allo scoppiare dell’emergenza sei stato fermato proprio a Torino e non sei potuto rientrare nella tua nuova casa salentina. Cosa è successo? Come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?
Giovanni Minerba con Vladimir Luxuria

Ero a Torino perché si prevedeva una mia collaborazione con Vlady per il festival, stavo comunque organizzandomi un viaggio in Salento per dopo il 7 marzo, che era il giorno dell’Unione di due cari amici. Dopo la festa Damiano è andato in Spagna, l’8 è scoppiata l’emergenza. Damiano è poi riuscito a tornare in Salento mentre io sono bloccato a Torino da sessanta giorni.

Quindi, come lo sto vivendo? Innanzitutto, lasciamelo dire, a forza di stare seduto il mio bel culo si sta appiattendo. Se sarà possibile chiederò un bonus per la riabilitazione… Per il resto credo di viverlo come buona parte delle persone di buon senso: chiuso in casa appunto con le uscite per la spesa e il giro dell’isolato un paio di volte al giorno.

Il “lavoro” non c’è, ma cerco di scrivere qualcosa che potrebbe trasformarsi in lavoro.

Le abitudini, quindi cinema, teatro, lunghe passeggiate serali mi mancano, mi mancano molto!

Le relazioni, a parte lontananza con Damiano, a cui sono anche abituato, mi mancano le cene con gli amici (non molti), che non sono soltanto il mangiare, ma soprattutto parlare, abbracciarci…

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?
Giovanni Minerba con Claudia Cardinale

Credo che quest’evento sarà, dovrà essere, l’occasione per provare a spostare lo sguardo su quanto si è smarrito. Secondo me negli ultimi anni ci sono state occasioni che ci potevano dare la possibilità di pretendere e ottenere di più. Non abbiamo intercettato e utilizzato bene queste potenzialità. Si è fatto tanto ma non quanto era possibile e sicuramente questo è successo perché non si è avuta la scaltrezza di essere UNA “lobby”. Sia chiaro non piacciono la scaltrezza e le lobby, ma sono spesso utilizzate, erroneamente. Questo, secondo me, per decenni è stato il principale errore del movimento Lgbtqi italiano. Democraticamente può essere anche giusto, ma poco funzionale. Nella realtà torinese che conosco direttamente invece posso dire che il tentativo di coalizzare i vari gruppi ha funzionato abbastanza con il Coordinamento Torino Pride, che è diventato UNA, se pur piccola, lobby.

Credo quindi che alla ripartenza si dovrebbe incominciare a pensare ad una sorta di banale “Tutti per uno, uno per tutti”. Ognuno con le sue peculiarità, ma non ognuno con lo sguardo verso il proprio ombelico.

Per chi come te ha dedicato tutta la vita alla promozione dell’arte e della cultura, di cosa avrebbe bisogno oggi questo mondo fragile e così duramente colpito per evitare il disastro?
L’unione civile di Giovanni Minerba (a sinistra) e Damiano Andreasano

Ovviamente ho ascoltato e letto di tutto in questi lunghi e devastanti giorni, credo che la “proposta” più stupida sia stata quella di riesumare il “Drive-in”… Allora, mi ripeterò, ma anche su questo penso sia necessario rivedere molte cose, non credo alle soluzioni alternative estemporanee, palliativi. Nell’arte non è più possibile continuare a considerare solo l’Artista. Finalmente dobbiamo tenere in considerazione l’intero processo: quello che c’è prima, durante e dopo che “l’Artista” salga sul palco o vada sullo schermo.

E mi ritorna “l’ombelico”. Oppure, pur essendo di carattere positivo, ribadisco il pensiero di una cara amica, Elena Sofia Ricci, che ad una domanda sul dopo Covid ha risposto: “Ho paura della resistenza dell’essere umano ad evolversi

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Credo non si possa ancora immaginare, in questo momento si deve solo stare all’erta, essere pronti a nuove sfide, con più e diverse determinazioni, facendo in modo di cogliere le possibilità che si presenteranno. Noi comunità Lgbtqi, potremmo trovarci a dover affrontare pesantemente il futuro. Voglio immaginare di poterlo affrontare quasi ad armi pari, con una politica possibilmente onesta di fronte alle emergenze sociali ed economiche che si presenteranno, anzi sono già in atto. Se vogliamo questa drammatica situazione potrebbe prestarsi a farci essere “più forti che pria”.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

Anche su questo, come dicevo prima, è difficile immaginare prospettive precise. Viviamo in un’epoca “virtuale” e in era coronavirus, siamo tutti immersi in questo mondo. Per questo anche in Italia si sta lavorando ad un progetto alternativo che ci vedrà svolgere decine di Pride in modalità virtuale con tutto il mondo. Potrebbe servire anche per fare un punto della situazione sui  diritti Lgbtqi negli altri Paesi perché i diritti, non possono andare in quarantena. E’ necessario esserci, anche virtualmente, e sicuramente leggeremo di un grande successo. Da lì bisogna ripartire, pensando alle nuove e future generazioni.

La locandina del Torino GLBT Festival da Sodoma a Hollywwod

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Di Martino, la comunità Lgbtqi deve riconoscere le persone trans https://www.altrestorie.net/2020/05/03/di-martino-comunita-lgbtqi-deve-riconoscere-persone-trans/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=di-martino-comunita-lgbtqi-deve-riconoscere-persone-trans Sun, 03 May 2020 04:00:00 +0000 https://www.altrestorie.net/?p=539 Per l'attivista trans di Arcigay Orlando Brescia, le priorità sono l'accesso ai medicinali e il cambio di nome e documenti senza attendere anni una sentenza

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Per l’attivista trans di Arcigay Orlando Brescia, le priorità sono l’accesso ai medicinali e il cambio di nome e documenti senza attendere anni una sentenza

Il nostro viaggio nella cominità Lgbti ai tempi del coronavirus approda oggi in una delle aree più tragicamente colpite dal covid 19, da dove abbiamo raccolto la testimonianza dell’attivista trans Andrea Di Martino, 66enne pensionato, dopo aver lavorato per anni come operatore socio sanitario, oggi è volontario della protezione civile e resiede ad Azzano Mella in provincia di Brescia.

Il suo attivismo è cominciato molti anni fa, come Rita, nell’associazione Pianeta Milk di Verona, in cui ha ricoperto cariche direttive per circa 10 anni, fino a due anni fa, quando si è trasferito a Brescia a casa della compagna Laura Bianchi. Il cambio di nome per la legge italiana è avveuto solo il 22 febbraio del 2018. Adesso fa parte del direttivo di Arcigay Orlando, dove assieme alla compagna e con l’appoggio di tutta l’associazione ha dato vita al Gruppo T.

Tu vivi in provincia di Brescia, una delle zone più duramente e tragicamente colpite dall’epidemia di coronavirus. Da volontario della Protezione Civile sei stato in prima linea nella gestione dell’emergenza. Puoi raccontarci cosa è successo e come hai affrontato queste settimane? Hai un episodio particolarmente significativo da condividere?
Andrea di Martino con la casacca di volontario della Protezione Civile

Sì, vivo a Brescia ma faccio parte della Protezione Civile del nostro Comune, sto aspettando che questa pandemia finisca per poter iniziare a fare anche il soccorritore presso Bassa Bresciana di Dello. 

Da fine febbraio a tutt’oggi sono stato impegnato come Protezione Civile, per consegnare mascherine, pacchi alimentare ect. Poi il nostro compito è sempre vigilare sul territorio, per assicurare che si rispettino le regole.

Quel che porto dentro e che vedo tutti i giorni è la solitudine delle persone anziane, quando vai da loro anche se non ci vedono perché siamo sempre con le mascherine, ma dai nostri occhi colgono un sorriso una carezza che non puoi fare. Ecco questo mi porto dentro tutti i giorni.  

Sul fronte personale invece come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiate le tue abitudini, le tue relazioni?

Sto vivendo questo momento molto serenamente perchè mi permette di aiutare gli altri, e questo mi rende anche felice. Ho dovuto impare molto con la tecnologia, per vedere i miei amici e i miei gruppi.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme anche sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come avete reagito nel Circolo Arcigay Orlando di cui fai parte? Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

Dopo un primo momento di smarrimento abbiamo attivato tante videoconferenze, sia con i soci che con i gruppi proprio per non far sentire nessun* sol*.

Per la ripartenza ci stiamo organizzando per essere operativi non appena avremo il permesso di aprire, ma  intanto con le videoconferenze restiamo vicino al nostro mondo. 

Prima dello scoppio dell’emergenza nella comunità trans italiana era in corso un vivace confronto. Quali sono secondo te oggi le priorità per le persone transgender nel nostro Paese?
Andrea Di Martino con una "sardina" disgnata sulla bandiera trans
Andrea Di Martino con una “sardina” disgnata sulla bandiera trans

Innanzitutto sarebbe importante che la Comunità Lgbtqi+ tutta riconosca veramente il mondo T, troppo spesso trascurato, perché siamo persone che devono spesso affrontare un percorso molto più difficile di altr* all’interno della comunità stessa.

Le mie priorità per le persone trans sono una legge che ci tuteli in tutti i sensi, garantendo l’accesso (non a pagamento) ai medicinali per noi indispensabili, l’accesso agli ospedali senza le liste di attesa di 3/4 anni, e poi il riconoscimento ufficiale della nostra identità, del nostro nome senza dover aspettare una sentenza. Perché chi non si riconosce nel proprio corpo e nel nome e sesso assegnato alla nascita non riesce altrimenti ad esprimere pienamente e liberamente la propria identità.

Mi piacerebbe  che in primis i genitori accettino i propri figli e le proprie figlie e non li/le caccino di casa come succede spesso ancor’oggi.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Mi  auguro che il mondo politico prenda coscienza delle persone e le aiuti. Non bisogna aiutare solo chi sta già bene ma bisogna aiutare più della metà degli italiani che soffrono proprio la fame. Nel nostro piccolo come Orlando diam il nostro contributo, aiutando le persone T  di Brescia che non avevano da mangiare con dei pacchi di prima necessità.

In questo Paese vorrei tanto che riuscissimo ad avere un matrimonio egualitario per proteggere i nostri figli, una legge contro le discriminazione per tutt* e che i politici ci rispettassero come persone non per le etichette che ci danno, perché ripeto siamo persone come tutt*.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

Per me ci sono cose molto più importanti che la liberazione sessuale, prima devono arrivare i diritti paritari per tutti  e poi si potrà parlare anche della sessualità. Ogni persona può amare un’altra persona senza essere attaccato dagli altri ognuno deve essere libero, senza offendere o togliere nulla, di amare chi vuole.   

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Pini, la visibilità delle persone Lgbtqi unico modo per affermarci https://www.altrestorie.net/2020/05/02/pini-visibilita-persone-lgbtqi-unico-modo-affermarci/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=pini-visibilita-persone-lgbtqi-unico-modo-affermarci Sat, 02 May 2020 04:00:00 +0000 https://www.altrestorie.net/?p=464 Per lo storico attivista, tra i fondatori del Circolo Mario Mieli, per difendere diritti e visibilità ci servono meno personalismi e più senso di comunità

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Per lo storico attivista, tra i fondatori del Circolo Mario Mieli, per difendere diritti e visibilità ci servono meno personalismi e più senso di comunità

Tra le voci del nostro progetto non poteva mancare Andrea Pini, ex insegnante di scuola superiore da poco in pensione e storico attivista del movimento Lgbtqi italiano sin dal 1979, quando ha organizzato una delle prime manifestazioni di piazza a Pisa. Nel 1983 è stato tra i fondatori del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli di Roma, divenendone il terzo presidente tra il 1989 e il 1993. Importante anche la sua opera di saggista e storico del movimento con “Omocidi. Gli omosessuali uccisi in Italia” (Stampa alternativa 2002) e “Quando eravamo froci” (Il Saggiatore 2011).

Ma siccome chi come Andrea ha l’impegno civile nel sangue resta sempre attivsta e guarda sempre avanti, da qualche anno assieme a un gruppo di persone Lgbtqi ‘over’ ha dato vita all’Associazione Agapanto, anziane/i Lgbt per una coabitazione sociale.

Dopo una vita da attivista da qualche anno con un gruppo romano avete dato vita ad Agapanto, associazione che prova a dare risposta alle esigenze di socialità, solidarietà, condivisione e coabitazione di anziani/e Lgbti. Quali sentimenti si respirano all’interno di questa rete rispetto a una malattia che colpisce così duramente in particolare nelle fasce di età più avanzata?

Agapanto è un’associazione giovane – nonostante le nostre età assai adulte – e ancora poco strutturata. La dirigenza è fatta da un gruppo di 6 persone e l’associazione nel suo complesso non arriva a 50 soci. Il nostro modo di comunicare in questo periodo è essenzialmente tramite il gruppo su whatsapp (Età-beta) che condivide le esternazioni di 32 persone. Ogni giorno ci scambiamo molti messaggi, alcuni di pura evasione e divertimento (vignette che girano sulla rete), altri di informazioni utili (numeri di telefono per assistenze varie, visite guidate virtuali in musei e siti di interesse culturale).

Negli ultimi giorni si è sviluppato un dibattito sul rispetto dei diritti delle persone anziane che taluni sentono minacciati da eventuali provvedimenti restrittivi ad hoc. C’è molta voglia di libertà e di autodeterminazione. Dal gruppo non emergono vissuti di disperazione o paure, al contrario i partecipanti si mostrano lucidi e positivi.

Andrea Pini, nato nel 1955 a La Spezia, ex insegnante di Ecologia, Economia ed Estimo negli istituti tecnici. In pensione da pochi mesi. Single, a Roma da 40, al momemnto convive con un caro amico.
Nel 1979 è stato cofondatore del Collettivo omosessuale Orfeo di Pisa con il quale ha organizzato nello stesso anno una delle prime manifestazioni Lgbtqi di piazza in Italia.
Nel 1983 è tra i fondatori del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli di Roma, di cui è presidente negli anni 1989-1992.
Giornalista per le tre storiche testate Lgbt Lambda, Babilonia e Pride, è autore di “Omocidi. Gli omosessuali uccisi in Italia” (Stampa alternativa 2002) e “Quando eravamo froci” (Il Saggiatore 2011).
Oggi con altre persone Lgbtqi ha dato vita all’Associazione Agapanto, anziane/i per una coabitazione sociale.

In “Quando Eravamo Froci” hai analizzato com’era la vita delle persone omosessuali in Italia nella prima metà del 900, prima che il 68 e i pride aprissero una nuova stagione di visibilità, lotte e possibilità di costruire identità a livello individuale e collettivo. Con l’occhio da studioso come vedi la comunità Lgbtqi oggi?

Non la vedo molto, la frequento poco anche sui social. Le cose più interessanti che mi sono capitate sotto gli occhi (di sicuro ce ne sono altre ma non le ho viste né cercate) mi sembrano la Rete Lenford e il tentativo, temo velleitario, di creare un archivio LGBT nazionale che sarebbe bene non fosse gestito dalle singole associazioni ma da una fondazione nazionale indipendente.

Cito anche l’interessante corso di Storia contemporanea su “Diritto, storia cittadinanza delle persone LGBTI” che sta facendo il prof. Domenico Rizzo all’Università di Napoli.

Quanto alle associazioni politiche mi sembrano del tutto ininfluenti al momento, anche perché purtroppo non sono all’ordine del giorno i due provvedimenti legislativi che servirebbero (matrimonio egualitario e legge antidiscriminatoria). E poi ci sono gli anziani come l’associazione Agapanto, che per il momento è ferma. Ma per fortuna ci sono anche i giovani, che di solito sono portatori di novità e di salti in avanti!

Come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiate le tue abitudini e le tue relazioni?
Andrea Pini (sinistra) e Porpora Marcasciano

Paradossalmente lo sto vivendo molto bene. La situazione straordinaria ci limita molto, ma ci lascia anche uno spazio e un tempo nuovi. È come se fossimo dispensati dall’obbligo di una vita frenetica e piena di eventi, persone, cose, spostamenti. E togliendo tutto quelle cose, a sorpresa, ne rimangono molte altre come la lentezza, la mente sgombra dai programmi “esterni”, la possibilità di una cura maggiore di sé, del cibo che mangiamo, della casa.

La scoperta (o la conferma) che molte cose che credevamo indispensabili non lo sono, come i viaggi, l’andare dall’altra parte della città, i negozi, la necessità di incontrare dal vivo tante persone amiche….

Sono comunque un privilegiato, abito in una casa grande e luminosa, insieme ad un caro amico con il quale condivido “prigionia”, pranzi cene e pulizie; non lavoro (sono in pensione da pochi mesi); non ho problemi economici; e posso incontrare a piedi alcune persone care (ci incontriamo per fare la spesa insieme).

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

È vero. Si è fermato tutto il mondo aggregativo Lgbtqi. Penso che i ragazzi e le generazioni intermedie ne soffrano parecchio (noi più grandi ne soffriamo certo meno). Le persone Lgbtqi hanno più bisogno del resto della popolazione di incontrarsi e riconoscersi dato che siamo una minoranza di per sé non visibile.

Questo periodo di stacco potrebbe essere utile per rendere tutti più consapevoli del fatto che nulla è scontato, che certe cose sono conquiste da proteggere, che la visibilità è una costruzione politica e culturale. Sarebbe bello ripartire sapendo che siamo tutti uguali e tutti fragili, con meno presunzioni, meno voglia di affermare se stessi e più voglia di affermarci come comunità, meno interesse per il potere individuale, più voglia di potere collettivo e solidale. Non so come saranno i prossimi mesi, non lo sa nessuno. Credo che la nave ballerà parecchio, e noi siamo dentro questa nave Italia.

Le scuole sono state chiuse quasi subito e probabilmente non riapriranno fino a settembre. Da insegnante in pensione da pochi mesi, come ti sembra stia reagendo quel mondo? Vedi delle particolari criticità, per esempio nella formazione a distanza?
La visibilità di Andrea Pini nel suo lavoro a scuola – articolo uscito su Vanity Fair nel 2013

È incredibile come si fa presto, uscendo da un mondo che è stato il tuo mondo per quasi 40 anni, a sentirlo lontano e quasi estraneo. A parte questo credo che ora c’è l’occasione per sperimentare la didattica a distanza, l’uso più massiccio della tecnologia e degli strumenti multimediali. E credo che questo sia molto interessante e anche stimolante per tutti. Negli ultimi 10 anni nella scuola non si è parlato d’altro ma non si è trasferito nella lezione quotidiana quasi niente. Credo però che la lezione frontale, guardandosi in faccia, stabilendo un contatto di sguardi, creando una situazione di empatia simile a quella del teatro, sia almeno in parte insostituibile. Così come è insostituibile la dimensione collettiva della lezione. È un po’ come andare al cinema o vedersi un film in salotto. Per quanto riguarda l’applicazione pratica so dai miei ex colleghi che è tutto molto improvvisato, difficoltoso, faticoso da organizzare e da svolgere. Mi dicono che loro stanno lavorando il doppio. Ovviamente allo stesso stipendio.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?
Andrea Pini al Pride

È una domanda difficile. Il mio desiderio utopico è che sia colta l’occasione per ripensare tutto, ma so che è solo un sogno rivoluzionario.

È tutto imprevedibile, potrebbe succedere come dopo la Prima Guerra Mondiale, con instabilità, crisi economiche, involuzioni nazionaliste e totalitarie. Oppure come dopo la Seconda, con una gran voglia di ricominciare, un boom economico, la nascita di una nuova Europa. Ma probabilmente nessuna delle due, o forse un misto fra le due. Oggi però sappiamo qual è la differenza tra vivere in democrazia e dentro un totalitarismo. E spero che questa consapevolezza ci salvi tutti quanti, come Italia e come Europa, perlomeno!

Il mio timore è che la fretta e la necessità di ricominciare ed andare veloci faccia perdere i più deboli socialmente ed economicamente, faccia perdere diritti, faccia perdere le donne (e le persone Lgbtqi). E poi che l’attenzione crescente che stava maturando sul clima subisca un arresto. Rischiamo meno regole e meno controlli sull’uso del territorio e delle risorse primarie, più inquinamento (basti pensare alle auto private che diventeranno il solo mezzo sicuro per spostarsi). Certo nei cambiamenti escono fuori anche opportunità positive, come il lavoro da casa o la possibilità di ricostruire una sanità pubblica decente, o di cose che ora non cogliamo. Confido che sapremo riconoscerle e utilizzarle. Facciamo gli scongiuri affinché l’attuale classe politica italiana sia all’altezza, se no saranno guai.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

Anche in questo caso abbiamo bisogno di alleanze e le nostre possibili sodali possono essere solo le donne – quelle consapevoli dei ruoli, dell’oppressione. Quello della liberazione dall’oppressione patriarcale è un processo che immagino come inarrestabile.

Certo che se vincono gli Orban e i Salvini ci sarà un lungo periodo involutivo e tristissimo, ma non potrà che essere una parentesi. Nessuna donna vuole veramente tornare ad essere quello che è stata fino a 50 anni fa e nessuna persone Lgbtqi+ vuole tornare nelle catacombe. Solo estreme minoranze vogliono essere irregimate da bande di folli ultraortodossi come quelli del Convegno di Verona dello scorso anno. Siamo centinaia di milioni e il processo andrà avanti.

Anche qui l’inevitabile crisi economica che si aprirà rischia di remare contro di noi. A meno che prevalga un nuovo spirito solidaristico e costruttivo che sia la spinta per una nuova Europa e una nuova Italia. E, dato che questa crisi è più globale di qualsiasi altra crisi, molto di più della Seconda Guerra Mondiale stessa, una brezza di buona rinascita potrebbe spirare anche in altre parti del globo. Le nostre richieste di diritti penso che saranno le stesse che sono maturate in questi ultimi anni, matrimonio egualitario, adozione dei figli del partner, uguali diritti dei bambini e bambine nati da una coppia Lgbtqi+ rispetto agli altri bambini, una scuola attenta, rispettosa, colta sulle differenze, una vera legge antidiscriminatoria. Rispolvererei anche il vecchio diritto alla/alle visibilità! Perché siamo minoranza e dobbiamo sempre un po’ affermarci nella sfera pubblica, per esserci veramente come persone intere.

L'articolo Pini, la visibilità delle persone Lgbtqi unico modo per affermarci proviene da AltreStorie.

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