Muzzetta, il Milano Pride sosterrà la ricostruzione
“Dobbiamo essere creativi e trovare nuove forme di mobilitazione”. Il Milano Pride aderisce al Global Pride lanciato da EPOA, “ma non sarà solo virtuale”
Il nostro viaggio nella comunità Lgbtqi+ ai tempi della pandemia oggi ci fa incontrare Roberto Muzzetta, imprenditore e attivista milanese, da anni una delle anime della commissione organizzatrice del Milano Pride, di cui è anc he stato coordinatore.
Oggi è anche esponente del direttivo di Arcigay Milano e della segreteria nazionale di Arcigay come resposabile delle relazioni internazionali. Ma presta anche cuore e voce al Checcoro, il coro Lgbtqi di Milano. Perché in Roberto l’impegno sociale si coniugano in modo raro con la grande capacità di visione e organizzativa e con un grande amore per l’arte e il bello. Caratteristiche che, come leggerete dalle sue parole, gli consentono di vedere sempre, nelle difficoltà e nei rischi anche i germi della rinascita e del cambiamento positivo.
Milano e la Lombardia sono state tra le zone più colpite dall’epidemia. Come hai vissuto questa esperienza? Come sta evolvendo adesso la situazione? Ci sono state delle particolari responsabilità politiche o altre condizioni che, secondo te, hanno contribuito a rendere la situazione lombarda così tanto più grave rispetto anche ad altre regioni vicine?
Ormai è accertato che alcune località della Lombardia sono state le prime ad essere colpite in Italia – e praticamente in Europa – con una epidemia silenziosa che si è insinuata negli ospedali infettando molte persone fragili e molti operatori sanitari.
Questa “sfortunata”circostanza può in parte spiegare la tragica situazione della mia regione. Tuttavia quello che è avvenuto dopo – gli oltre 13.000 morti ufficiali – è in buona parte dovuto ad una risposta totalmente inadeguata e spesso esasperatamente politicizzata da parte della dirigenza lombarda.
Roberto Muzzetta, 49 anni, imprenditore, di Milano dove vive, da molti anni fa parte della commissione organizzatrice del Milano Pride di cui è stato anche coordinatore, Componente del direttivo di Arcigay Milano e responsabile relazioni internazionali della segreteria di Arcigay nazionale.
Appassionato di arte, teatro, musica – canta nel Checcoro di Milano – e opera e grande intenditore di politica americana, convive col compagno e la cagnolina Minnie.
Sei impegnato nella segreteria nazionale di Arcigay. Come ha reagito a questa situazione inedita l’associazione?
Inizialmente vi è stato un momento di comprensivo spaesamento. Ci siamo domandati come si sarebbe evoluta la situazione e soprattutto cosa avremmo potuto fare. Quello che è stato, tuttavia, chiaro sin dall’inizio è che occorreva cercare – compatibilmente con la situazione – di dare continuità alla vita associativa e soprattutto di dare un segnale di vicinanza alle molte persone che nel contesto della quarantena avrebbero vissuto una condizione di particolare solitudine o addirittura di discriminazione e violenza.
In poche settimane sono nate molte iniziative locali on-line che, unitamente alle iniziative della rete donne, rete giovani ed arcigay sport, hanno rappresentato il cuore di ONLIFE, la programmazione on-line delle nostre attività.
Da anni segui dall’interno l’organizzazione del Milano Pride. L’emergenza coronavirus ha ovviamente travolto l’organizzazione dei pride in tutto il Mondo. Molti sono stati annullati, altri rinviati sine die. InterPride ed Epoa hanno lanciato un giorno di mobilitazione virtuale. Cosa farete voi a Milano?
Come Milano Pride abbiamo aderito al GLOBAL PRIDE di INTERPRIDE ed EPOA – l’iniziativa di un pride virtuale che coinvolga tutti i pride del mondo. Con lo stesso spirito stiamo definendo come possiamo declinare anche localmente questa formula di virtual pride al fine di essere presenti anche quest’anno, in modo diverso e alternativo.
Ma non sarà tutto virtuale. Stiamo pensando a qualcossa che, garantendo al massimo la sicurezza, secondo le regole del distanziamento fisico e delle misure di prevenzione più accurate, offra dei momenti di incontro e visibilità reali.
L’altro elemento a cui stiamo lavorando quest’anno è la solidarietà. Vogliamo usare la grande forza e capacità di mobilitazione attivazione del Milano Pride per raccogliere risorse e dare un contributo concredo alla ricostruzione sociale ed economica post covid.
Sul piano personale come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?
Personalmente questa quarantena è stata molto intensa e per certi versi impegnativa. Passo almeno 10 ore al giorno tra email, video chat e telefonate. Lo smartworking e gli impegni associativi hanno trovato nella quarantena la condizione ideale per dilagare nella mia vita personale.
Fortunatamente anche il mio compagno è molto preso con la finalizzazione della tesi di Master. Così ci sentiamo meno in colpa per non poterci dedicare più tempo.
Poco prima della quarantena abbiamo adottato una cagnolina che ci tiene compagnia e ci costringe almeno due volte al giorno ad interrompere le nostre attività per le sue legittime necessità fisiologiche.
Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?
La partecipazione fisica, concreta e “reale” è una componente essenziale sia della socialità in generale che, specificamente, dell’attivismo del nostro movimento. Sia nella forma di una pubblica manifestazione, che in quella di somministrazione di servizi alla comunità.
Ritengo tuttavia che il distanziamento sociale invece di creare uno stato diffuso di alienazione ed isolamento, abbia in alcuni casi generato forme innovative di socialità e di aggregazione che potranno in parte arricchire anche nei prossimi mesi le modalità di partecipazione politica e di socializzazione. Tutto questo tuttavia avrà pesanti ricadute economiche che colpiranno anche molte realtà vicine alla nostra comunità.
Oltre che un attivista sei anche un imprenditore. Proprio dal mondo produttivo stanno venendo grandi pressioni per la riapertura e per accelerare le prossime fasi di ripartenza. Secondo te come si sta avviando in Italia la “Fase 2”? Stiamo avendo troppa fretta o stiamo andando troppo lenti? Cosa servirebbe per poter ripartire in sicurezza?
Il contemperamento fra la tutela del tessuto economico di un Paese e la tutela della salute dei propri cittadini costituisce l’ineludibile rebus che tiene impegnati tutti i governi in questo momento. Mi sembra che nessuno abbia la soluzione e che comunque i tre criteri fondamentali intorno cui ruota la gestione della cosiddetta fase2 in praticamente tutti i paesi del mondo sia la gradualità dei provvedimenti, il rispetto responsabile di norme di distanziamento sociale. Inclusa l’imposizione alle attività produttive di chiari protocolli di igiene e sicurezza e il monitoraggio continuo della situazione. In assenza di questi presidi ogni scelta, sarebbe un salto nel buio.
Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?
L’emergenza COVID potrebbe aggravare le ineguaglianze sociali, facendo emergere nuove marginalità e indurre sistemi con tendenze autoritarie a conculcare i diritti dei propri cittadini e le prerogative democratiche in nome della sicurezza.
Michelle Bachelet, l’alto commissariato per i diritti dell’uomo, ha recentemente dichiarato che fra le categorie che potrebbero soffrire di più delle negative ripercussioni socio-politiche dovute all’emergenza COVID 19 vi siano proprio le persone LGBT*.
Mi concedo tuttavia la velleitaria speranza che nel medio periodo questa crisi possa costituire anche un’opportunità di immaginare forme più consapevoli e sostenibili di sviluppo.
Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?
In una situazione di emergenza sanitaria planetaria il rischio che la rivendicazione dei nostri diritti possa essere percepita come non essenziale è alta. Tuttavia sono concreti anche i rischi citati dalla Bachelet per le persone LGBT* – basti vedere il caso Ungheria. La sfida è quella di tenere viva l’attenzione sulle nostre battaglia e sui principi a cui sono ispirate con determinazione, serietà e senso di responsabilità, come è avvenuto recentemente in relazione all’eccezione di “congiunto” nella fase 2. Come Arcigay abbiamo ribadito l’importanza di andare oltre al vincolo di legame familistico tradizionale per ricomprendere forme plurali di affetti e di famiglia.
In assenza di forme fisiche di mobilitazione e manifestazione che tradizionalmente hanno caratterizzato la nostra azione politica – basti pensare alla parata del pride – dobbiamo essere creativi nel trovare forme alternative di mobilitazione e partecipazione. in questo la tecnologia e il consolidamento del rapporto con il network internazionale delle associazioni lgbt* di cui arcigay fa parte possono rappresentare sicuramente dei punti di forza.